Il treno dei bambini. Storia dimenticata di una “ricerca della felicità”
Articolo di Letizia Falzone. In copertina una foto tratta dalla serie
Amerigo Speranza ha otto anni e vive nei Quartieri Spagnoli di Napoli. È il 1946 e sotto le macerie della guerra, la città soffre la fame. La madre Antonietta pensa che la soluzione, per far sì che suo figlio abbia davanti a sé un futuro, sia quella di aderire alla cosiddetta iniziativa dei “Treni della Felicità” e decide così di spedirlo al Nord da un’altra famiglia per qualche mese, per strapparlo temporaneamente alla miseria.
Così, Amerigo prende il treno, uno di quelli organizzati dall’Unione donne del Partito comunista italiano in una campagna di solidarietà poco conosciuta ma che ha unito, per un po’, il Nord e il Sud. Nella campagna modenese, preso in affido da Derna, una donna inizialmente riluttante, il bambino scoprirà un nuovo mondo ma andrà incontro anche a una grande sofferenza.
Il bestseller di Viola Ardone diventa un film squisitamente popolare, in cui Cristina Comencini affronta l’infanzia e la società ostile alle donne.
Non tutti conoscono la storia dei treni di bambini che separavano le famiglie e ne creavano di nuove. Il “treno dei bambini” ce la racconta senza fronzoli, con onesta e verità, ma anche con delicatezza, mostrandocela dal punto di vista dei piccoli. Ragazzini che non capiscono perché devono lasciare i loro genitori, che hanno paura di ciò che non conoscono, che tornano a casa con una mamma in più. Mentre i grandi, i genitori del Sud e del Nord, affrontano il dolore e le difficoltà come si fa quando l’infanzia non esiste più, o magari non è mai esistita.
È sul microcosmo di Amerigo e delle sue due “mamme” che il film si concentra, creando un triangolo dove amore e durezza si alternano continuamente tra il genitore biologico e quello acquisito nel settentrione, che instaurano un sottile equilibrio con la figura di questo protagonista a cui cercheranno di dare un futuro ognuna con i propri mezzi.
La prima, la rigida Antonietta, imparando che volere il bene di qualcuno vuol dire anche saper mettersi da parte, non importa cosa gli altri possano pensare. E Derna, iscritta al partito e dedita all’attivismo, che pensa che rispettare gli ideali in cui si crede equivale pure a intraprendere strade che non si erano previste, come una maternità non programmata.
Il film non è disposto a dare carezze, come non lo sono Antonietta e Derna, ognuna costretta a trovare la maniera di sopravvivere in un mondo di uomini, chi cercando la compagnia e quindi la protezione di signorotti di paese, chi insistendo per dare una voce alle donne all’interno di un partito che predica l’uguaglianza, ma è ancora invaso dal sessismo.
Il treno dei bambini ci ricorda che “amore” è il bene che diamo alle persone, con ogni nostra possibilità. Non importa qual è il legame di sangue, ma come curiamo le ferite dell’altro, che siano figli o genitori, anche acquisiti. Un film su quando l’Italia è stata unita, con un partito sociale e politico che si fondono in una storia che non lascia indietro il sentimento.