Tra liberi giocolieri sul Viale di Praia a Mare. L’incontro con Mela e Scorza
Articolo e foto di Martino Ciano
Dicono che tu sia fortunato nel momento in cui hai la possibilità di vivere secondo le tue aspirazioni, di fare ciò per cui senti una indicibile vocazione. Forse, è anche vero che ci vuole coraggio a staccarsi da tutto, a stare per strada, a fare i conti con delle ristrettezze, a dover lottare per non essere emarginato. Certamente, non ho chiesto questo a Mela e Scorza, due artisti che ho incontrato una sera sul Viale di Praia a Mare. Ho preferito chiedere loro cosa significhi sentirsi giocolieri vagabondi, il più delle volte derisi, anche se cinque minuti prima lo spettacolo abbia incantato grandi e piccini.
Alla fine della performance raccolgono il cappello pieno di monetine, gli attrezzi del mestiere e quel poco che hanno per trascorrere la nottata. Non lo fanno per arricchirsi, eppure vivono bene, in piena libertà. Lei, Mela, ha 20 anni, viene da Montevideo, capitale dell’Uruguay; lui, Scorza, di anni ne ha 24, ed è di Roma. Lei, Mela, se n’è andata dalla sua nazione a 16 anni; ha girovagato anche clandestinamente nel Sud delle Americhe, poi è arrivata a Firenze, sfruttando l’opzione del ricongiungimento familiare. Ha lavorato per un po’ in diversi bar, poi ha preferito la strada, il vagabondaggio, i sogni, forse anche le utopie della gioventù. Ma sapete che c’è: è felice, ride di chi la prende in giro, di chi la scarta e di chi la insulta.
Lui, Scorza, ha una storia simile. Dai 20 ai 22 anni ha lavorato calandosi in tanti mestieri, qualcuno stava anche iniziando a piacergli, ma lo pagavano quattro soldi per troppe ore di lavoro. Logicamente, non era assicurato. Allora se n’è andato in Spagna, ha iniziato a esibirsi, si è fatto coraggio, ché la paura del giudizio sociale ce l’aveva anche lui, ma ha vinto la timidezza e i pregiudizi. Mi ha fatto capire che spesso i peggiori pregiudizi sono quelli che ci impartiamo da soli. Tornato in Italia si è procurato un furgone e lo ha reso la sua casa. Ah, dimenticavo, in Spagna ha conosciuto Mela, si sono innamorati, si sono legati l’uno all’altra e si sono detti: “Andiamo, proviamoci”.
Ecco, tutto qui! Sì, ma fino a un certo punto. Abbiamo parlato per circa venti minuti, ho preso appunti e mi sono divertito ad ascoltarli. Loro due sono la conferma, semmai ce ne fosse ulteriormente bisogno e nonostante la storia ci abbia già dato un sacco di prove, che il Mondo nel quale viviamo è una rappresentazione collettiva forzata in cui sguazziamo e che accettiamo tacitamente. Morale, leggi, etica e altro sono state create per sopravvivere al caos universale, per resistere a questa forza incontrollabile di cui sentiamo quotidianamente il peso. Il risultato è il seguente: non possiamo capire e comprendere tutto; di nulla abbiamo una percezione oggettiva; quelle poche certezze alle quali ci aggrappiamo sono solo frutto della prevaricazione di una maggioranza su una minoranza. Persino la democrazia, per quanto ci piaccia, è un atto di prevaricazione.
Mela e Scorza magari tutto questo lo ignorano; loro sono felici sul Viale di Praia a Mare come nel centro di Berlino. Quando dico loro che scriverò del nostro incontro, restano stupiti e storcono anche un po’ il muso; magari avranno pensato che io sia un poliziotto in borghese. Invece, gli ho impartito quasi una paterna benedizione, anche con un pizzico di invidia, perché da giovanissimo avevo di questi sogni, poi però tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare, e io nel mare delle convenzioni sociali ci sono annegato.
Mi hanno dedicato un breve spettacolino, poi però dietro di noi si sono fermate altre cento persone vogliose di vedere queste fiamme sputate come semi di anguria, questi birilli volare come petali e una ragazza-acrobata che su un monociclo canticchia leggiadra. Ci siamo salutati e ognuno ha preso la propria strada. Chissà se mi leggeranno, se apprezzeranno queste righe e se capiranno che “sono sulla strada giusta, anche se un giorno tutto potrebbe apparire loro sbagliato”.