La divina liberazione. Tra le pagine della vita di Teresa d’Avila

La divina liberazione. Tra le pagine della vita di Teresa d’Avila

Articolo di Martino Ciano. In copertina “Storia della mia vita” di Teresa d’Avila, San Paolo edizioni, 2015

Disprezzava il mondo ogni qualvolta il Signore la liberava dal suo abbraccio. Un giorno, sua Maestà la prese con sé e la fece camminare in quel luogo in cui si dimora solo dopo aver patito le limitazioni dei cinque sensi. In Paradiso si entra per violenta concessione, ma terribile è tornare in sé stessi, tra le mura della gabbia di carne e ossa su cui si abbatte ogni supplizio. Meglio morire una volta per tutte, perché il mondo distrugge e rende fiacchi. La vita è dono fino a un certo punto, per farne buon uso bisogna circondarsi di solitudine e di libertà. In troppi momenti, Teresa non fu né sola né libera. Ma dove possiamo trovare la pace visto che siamo obbligati a vivere? D’altronde solo il Signore ha il diritto di animare e fermare il battito del cuore. Teresa disse che tutto è già in noi, che bisogna lasciarsi inondare dall’acqua santa che sua Maestà versa sul nostro arido terreno. Solo allora, dopo essere annegati con gratitudine, si può considerare vano ogni piacere terreno, ogni istante passato sotto la luce del sole. Non abbiamo bisogno di conoscere altro.

La luce di Dio

Nella Terra di Dio c’è una luce diversa da quella che vediamo qui. Nonostante essa sia insopportabile per i nostri occhi, la luce divina non acceca, ma purifica e nessun corpo riflettendola produce ombra. Questo è l’amore che lei vide e che le insegnò ad avere disprezzo per il mondo e per la sua sostanza. Sostanza divina o del demonio? Lei non seppe mai rispondere, ma era tormentata dall’idea che il diavolo la stesse ingannando. Dopotutto, il Demonio sa illudere, perché anche lui è stato un angelo, quindi ha memoria del Regno di Dio. Ecco quindi l’atroce dubbio che perseguitò Teresa per tutta la vita: provengono da Satana o da Nostro Signore le meraviglie che vedo e che attraverso? È il maligno che mi rapisce o l’amore di Colui che tutto può e crea?

Iniziarono così i suoi patimenti. Lei cominciò a percuotersi la mente con mille paure; su un letto di spine poggiò la sua anima. Si abbandonava a una logorante orazione mentale che la faceva uscire dal proprio corpo. Dialogò con Dio, con suo Figlio, con la Vergine Maria e in qualche modo loro si manifestarono. Un giorno, un angelo scese dal cielo e con un dardo dorato le trafisse le viscere e il cuore. Godette alternando gioia e dolore. Ma neanche questo segno le bastò, perché lei avrebbe voluto raggiungere quella quiete che un giorno, per caso, vide posarsi sul volto di un’anziana suora. Lei infatti se ne stava sofferente in un letto, bloccata da una grave occlusione intestinale che in seguito l’avrebbe uccisa. E nonostante le feci le uscissero dalle piaghe, l’anziana suora lodava il Signore. Teresa la invidiò, voleva quella pazienza; sarebbe stata la strada per sopportare tuttoDio parla attraverso la tortura; dona amore con carezze da aguzzino.

Dio è inconscio

Dio non è morto, ma è inconscio. Ciò non lo disse Teresa, ma Lacan secoli dopo di lei. Ed ecco che inconsciamente lei si confidava, si lasciava rapire dai suoi tormenti, dalla sua isteria. Lottava contro sé stessa e contro il Signore. Parlò con confessori e persone che avevano patito quanto lei per i dubbi che Dio instilla nelle menti dei suoi amanti. Teresa ne incontrò uno che per oltre vent’anni si era concesso solo un paio di ore di sonno al giorno; e anche quando dormiva faceva di tutto per tormentarsi, tant’è che sonnecchiava restando in piedi o inginocchiato o rannicchiandosi sul pavimento di una cella ampia quattro piedi. Il suo nome era Pietro d’Alcantara e fece ogni cosa per dominare i furori del corpo; per lui anche la fame andava sedata. Eppure, quel frate dalle nobili origini, che lasciò tutto per farsi massacrare dall’amore di Dio, morì anziano e lucido, e fu proprio lui a incitare Teresa affinché continuasse con la riforma dell’ordine delle Carmelitane. Fu lui che la rassicurò sulle meraviglie e i tormenti che riceveva quotidianamente: essi erano volontà di Dio. Ma neanche Pietro la convinse del tutto, tant’è che scrisse il Libro della sua vita, affinché i suoi confessori si pronunciassero sulle sue grazie mistiche.

Per lei tutto era vanità, ogni cosa del mondo era menzognera, ogni uomo aveva perso l’intimo rapporto con Dio, tutto ciò che stava sulla Terra era ambiguo. Lei che aveva camminato nella dimora del Signore, aspirava alla morte, alla pace del cuore e della coscienza. Ma la morte è un dono del Creatore, che in quel momento sa essere Giudice, carnefice e vittima della sua ingordigia – ma Teresa questo non lo dice; lo aggiungo io, ispirato dalla lettura della sua vita. Lei l’attendeva, la invocava tutti i giorni, e Dio le rispondeva con dolori e sofferenze, con pene che le rischiaravano il cuore, perché più si patisce, più si è purificati. Solo le lacrime e l’amore incondizionato sono benedetti dal Signore.

Dio la rapì per sempre il 15 ottobre 1582. Fu sposa di Gesù, al quale si concesse durante le sue estasi spirituali; con preghiere, privazioni, tormenti e sussurri d’amore lo corteggiò. Ora, lei riposa nella follia di Dio. 

Post correlati