L’altro. Il romanzo di Pippo Pollina tra “storia e anti-storia”

L’altro. Il romanzo di Pippo Pollina tra “storia e anti-storia”

Recensione di Angelo Maddalena. In copertina: “L’altro” di Pippo Pollina, Squilibri, 2023

Un giallo sentimentale che sfocia in un noir, oppure un romanzo di ricerca, di formazione, di approfondimento sociale; è tutto questo e non solo il libro L’altro di Pippo Pollina. Ho avuto il piacere di ascoltare un suo concerto a Caltanissetta più di venti anni fa, e mi sono rallegrato di poterlo rincontrare il 6 dicembre scorso a Crotone, in occasione della presentazione di questo suo libro che pensavo fosse il primo, invece c’è un precedente: Cento chimere, che è anche il titolo di una canzone di Pippo, musicista italiano con un largo seguito in Austria, Germania e Svizzera, dove attualmente abita da quasi trent’anni o forse più.

Interessante la parabola di Pollina, che parte dalla Sicilia a fine anni ‘80 in cerca della sua strada di artista, suonando per strada, e arriva nei maggiori palchi europei, ma molto poco riconosciuto in Italia, almeno fino al suo concerto all’Arena di Verona di qualche anno fa. Lui è di una stoffa simile a quella di Gianmaria Testa, con il quale, tra le altre cose, ha collaborato. In questo suo romanzo mi aspettavo di tutto e insieme niente di che, non avendolo mai conosciuto come scrittore, sebbene sapessi che all’inizio degli anni ‘80 aveva collaborato con la rivista I siciliani giovani, diretta nientepopodimeno che da Pippo Fava, ammazzato dalla mafia nel 1984.

Le canzoni di Pollina risentono di questo suo percorso “civile”, tanto che proprio pochi giorni dopo la presentazione a Crotone, ha presentato il suo libro a Nardò dove ha ricevuto il premio Civilia alla canzone d’autore. Il romanzo L’altro risente anch’esso, forse, di questo percorso, e racconta una storia ambientata tra Camporeale, un paese dell’entroterra palermitano, e la Germania, tra la fine degli anni ‘80 e il 2001. Leonardo detto Nanà è il protagonista siciliano, che nasce a Camporeale e studia e lavora a Palermo, fino a un certo punto della sua carriera di giovane medico; Frank Fischer è l’altro personaggio principale: giornalista d’inchiesta tedesco con molta visibilità mediatica. L’intreccio è talmente intrigante da assumere, verso la fine, i tratti di una “favola” dei nostri giorni, con quegli elementi “inquietanti” da farlo diventare, a un certo punto, un romanzo noir.

La famiglia di Nanà è legata a doppio filo con una “famiglia” della cosca di Corleone, all’epoca in cui Riina era ancora vivo e attivo, anche se ancora per poco. Il merito di Pollina è quello di trattare argomenti sociali importanti, come l’emigrazione dei siciliani in Germania (il padre del protagonista lavora per un breve periodo alla Wolksvagen e poi si dimette per un motivo misterioso che scopriremo verso la fine del libro); il potere mafioso e la sua evoluzione, l’arte di strada (poche volte appare un musicista di strada in Svizzera e in Germania, alter ego di Pippo, emigrato anche lui come musicista); il giornalismo di inchiesta e i rapporti sentimentali dei due protagonisti.

Il romanzo schiva con abilità certi schemi preconcetti e certi finali sentimentali prevedibili (se Frank riesce a crearsi una famiglia con una donna che ha già dei figli, Nanà non riesce a trovare un amore stabile anche se per due volte sfiora, con Annamaria e Giovanna, questa possibilità). La questione della mafia non è descritta in modo netto e “televisivo”, come in certi film anche di successo degli ultimi trent’anni, ma viene fuori tutta la complessità e le sfumature che meriterebbero questi argomenti. Se Nanà all’inizio del racconto si oppone con nettezza nei confronti degli intrighi ambigui della sua famiglia con la cosca locale, è anche vero che a un certo punto, suo malgrado, si sottomette alle logiche che lo zio Rocco, affiliato alla cosca locale, gli impone.

Sia i dialoghi con la sorella, sposata con Pietruzzo, affiliato con la cosca locale, così come altri confronti con gli amici del paese spesso rassegnati alle logiche di potere locale, dimostrano una vivacità e delle linee di “entrata e uscita” da certe logiche apparentemente granitiche: uno su tutti l’esempio del cognato di Nanà, Pietruzzo, che dopo essere entrato nella cosca ne vuole uscire, pagando le conseguenze di questa sua scelta. Ma è tutto un avvicendarsi e un rincorrersi di storie poco “regolari” dovute alla curiosità e all’intraprendenza dei personaggi. Frank Fischer a Norimberga è amico o comunque frequentatore di un antiquario di nome Hartmut, che coltiva i saperi esoterici e che è stato indiziato di simpatie neonaziste. Frank spiega agli amici che gli chiedono come mai frequenti quell’uomo, che lo fa per riuscire a raccontare dal di dentro, in quanto giornalista, mondi spesso sepolti e conosciuti solo per stereotipi.

Ed è proprio a Hartmut che l’autore del libro affida una frase che si trova a pag. 359: “Le mafie sono un problema secondario, fenomeni riconducibili ad una tipica società capitalistica. Combatterle è inutile perché, non appena hai bonificato il terreno, immediatamente la malapianta rinasce. Bisogna curare l’organismo, fertilizzarlo a dovere, per prevenire che possano nascere cellule dannose e devianti”.

Passaggi simili sono importanti perché rendono il filo del racconto, i dialoghi e il contesto del romanzo scevri o comunque poco vicini a certa retorica che vuole i buoni e i cattivi separati in modo manicheo. Fanno da sfondo alla narrazione paesaggi di lotta popolare e politica degli anni ‘70, anche perché una delle protagoniste che torna spesso nella memoria di Frank, è la madre Elke, anch’essa giornalista di inchiesta e militante nei movimenti di lotta anche armata della Germania degli anni ‘70. Il libro ha una sua vivacità, anche perché Pollina spesso passa da una scena all’altra senza spazi bianchi; in questo rivela una certa freschezza di stile, uscendo dai canoni.

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