La bestemmia del credere

La bestemmia del credere

Recensione di Federico Lotito. In copertina: “Libro delle bestemmie” di Nicola Vacca, Marco Saya edizioni, 2023

Dal Libro delle bestemmie (Marco Saya edizioni) di Nicola Vacca si alza forte e disperata la sua voce alla ricerca di un dio, non per idolatrarlo o per ritrovare la necessità di credere in lui, ma, se mai esistesse, per incollarlo alle sue responsabilità.

“Basta con questo accanimento/staccate la spina/all’illusione di un dio/che esiste ma che oggi non c’è./Dalla creazione ad oggi/tirando le somme/non ha fatto un buon lavoro”.

Vincenzo Fiore scrive bene nella sua postfazione che “all’occhio del lettore attento apparirà forse chiaro che, per Vacca, vale lo stesso adagio secondo cui, a dare più credito a Dio sono coloro che paradossalmente non riescono più a credere in Lui”. Se è vera la sua esistenza e la sua onniscienza, Nicola Vacca, sia come uomo che come poeta si chiede come mai permetta che si usi il suo nome e la sua immagine a proprio piacimento attraverso l’esercizio dell’ipocrita professione di fede.

Come mai questo dio consente le guerre e, soprattutto, perché continua a prenderci per il culo con la colossale fregnaccia del libero arbitrio, lasciandoci credere di poter esercitare delle scelte, mentre ci ritroviamo ad essere manovrati da burattinai esperti nella gestione del potere economico e di pensiero.

“Sul libero arbitrio/ sento puzza di truffa/e di dio che si mostra impotente/nascondendosi dietro gli orrori dell’uomo”.

Forte e provocatoria si alza la voce del poeta che non ha intenzione di demolire il dio della pia credente, la quale per sua ignoranza vi si è aggrappata per ottenere delle risposte che diversamente non riuscirebbe a trovare da sola, ma per stroncare la pomposa autorità di chi in suo nome, ammantato di porpora, crede di poter cancellare la libertà di pensiero di chi ancora, nonostante tutto, cerca una propria strada.

“Non c’è luce ovunque/agli occhi manca una visione/poteva andare diversamente/se si fosse prestata attenzione all’apocrifo. /Il presente lo si legge/senza parole di carne. /Al di là dei confini/la solita quaresima di chiacchiere/anche i giornali/sono vangeli di menzogne. /In prima pagina/nessuna attenzione/per i poveri cristi a cui ogni giorno/ viene negata la resurrezione”.

Ed è proprio la libertà invocata nelle bestemmie di Nicola Vacca il fulcro di tutta la sua ricerca.

“Non alzano la testa/hanno paura della libertà/passano la vita in ginocchio/nel niente del libero arbitrio”.

In questo libro, il cecchino è l’uomo perso nei suoi più orridi difetti, dedito alla difesa del suo orticello, insensibile alla sofferenza del più debole, capace di sparare sistematicamente con precisione chirurgica su chi non serve o è di peso alla società. Questa nostra decadente società è ormai votata al profitto e all’esaltazione continua dell’individualità, in cui anche la spiritualità, qualunque essa sia, non ha più nessuna possibilità di esistere.

“Affamati di moltitudine/agonizziamo muti nella colpa. /La mira perfetta del cecchino/ è la pena giusta/ per tutte le nostre presunzioni di innocenza”.

L’ultima lirica, finale per un libro delle bestemmie, è un testo che si perde nel totale disincanto: “Adesso chiudo per sempre/il libro delle bestemmie/ho fatto collezione di cicatrici/in questi giorni in cui non si va da nessuna parte” sono i primi cinque fulminati righi a cui seguono altri che danno la certezza della sconfitta nonostante la strenua opposizione: “Si è discusso di dio e della sua assenza/della ragione e dei suoi tormenti/con l’angoscia delle parole/si è cercato uno spiraglio/nella crepa dell’esistere”.

La riflessione dolorosa attraversa tutte le pagine del libro che non intende tacere né chiudere le porte davanti all’urgenza di far entrare la verità.

Ciò che era iniziato con i versi: “Non trovo risposte/a tutte queste rincorse. /Qui è un macello/e di fughe neanche a parlarne. /Aspetterò che dio/mi chieda perdono/per i suoi misfatti di finta misericordia. /Mi pongo domande mentre vaneggio/di bestemmia in bestemmia”, non può essere spezzato da alcuna esitazione e tantomeno interrotto da un rapido arretramento.

Il poeta Nicola Vacca ha l’audacia di dire, anzi di più: di bestemmiare senza falsi pudori né reticenze intellettuali, morali e culturali.

Post correlati