Isolamento urbano. Tutto il mondo per ciò che è

Isolamento urbano. Tutto il mondo per ciò che è

Articolo di Martino Ciano. Foto di Mimma Labanca

Dicevano che fuori casa tua c’erano il sole e l’afa. Era il momento migliore per andare al mare, tranne per te che avevi deciso di stare nella tua stanza, sdraiato sul letto. Tenevi le finestre chiuse, le tapparelle abbassate, la luce accesa e l’aria condizionata a palla.

Da tanto non esisteva per te il tempo propizio. Esso diventò piatto e immobile da quando ti eri convinto di dover staccare la spina, perché eri stanco di lottare per essere felice. È uno strano fenomeno quello della dittatura della felicità, devi indebitarti per una bottiglia di vino pur di dimostrare quanto è meravigliosa la tua esistenza.

Trovavi gratificazione nei dolori allo stomaco che ti prendevano all’improvviso. Ti facevano sentire vivo, preoccupato, quindi diverso da tutti coloro che si erano omologati alla felicità, all’ottimismo. Il medico ti diagnosticò una gastrite nervosa. Tutto qui, nulla di grave. Come prima medicina avresti dovuto assumere la calma.

Ecco, da quando ti eri isolato avevi trovato la serenità. Niente più fitte allo stomaco. Ti dissero di non preoccuparti perché tutto sarebbe cambiato in meglio, persino il dolore si sarebbe evoluto. A un certo punto lui sparisce, non sai perché se ne va, ma succede e tu gioisci, poi però rimpiangi anche quel momento. Ti spiegarono che un amore perduto è salute ritrovata, tanto prima o poi ci si odia e ci si ammazza. Alcuni strangolano pure i figli che hanno messo al mondo, affinché non resti traccia del loro seme. Ma a te di quelle parole fregò poco. Avevi deciso di isolarti e così hai fatto.

Mentre guardavi il soffitto, ti sei chiesto molte volte se davvero tu esistessi. Magari eri il parto immaginario di una mente superiore che ti stava sognando, un po’ come quei personaggi che popolano i libri di Philip Dick. Ma imparasti presto a tue spese che non eri un essere immaginato o pensato, ma reale e indipendente. Te ne accorgevi quando ti veniva in mente il ricordo degli anni spensierati, in cui la tua felicità era un giro in bicicletta senza meta, o sedersi in riva al fiume, o rubare la frutta dagli alberi. Te ne accorgevi quando comprendevi che senza desideri si è nudi e assopiti, privi di difese e di volontà, perché cieco e indegno è il mondo per chi ha la sfortuna di vederlo per ciò che è.

Da quando ti sei isolato hai imparato che sei tutto il mondo per ciò che è.

Post correlati