Il Colibrì. Sandro Veronesi e il senso della resistenza

Il Colibrì. Sandro Veronesi e il senso della resistenza

Recensione di Letizia Falzone

Il colibrì è tra gli uccelli più piccoli al mondo; ha la capacità di rimanere quasi immobile, a mezz’aria, grazie a un frenetico e rapidissimo battito alare. La sua apparente immobilità è frutto piuttosto di un lavoro vorticoso, che gli consente anche, oltre alla stasi assoluta, prodezze di volo inimmaginabili per altri uccelli, come volare all’indietro.

Una storia come tante. Ordinaria all’esterno, straordinaria vista dall’interno. È la storia di Marco Carrera.

Marco è il colibrì che riesce a resistere a qualunque urto, tiro mancino, crudeltà che la vita gli ha imposto. La sua è una vita di perdite e di dolore; il suo passato sembra trascinarlo sempre più a fondo come un mulinello d’acqua. Eppure Marco Carrera non precipita: il suo è un movimento frenetico per rimanere saldo, fermo e, anzi, risalire, capace di straordinarie acrobazie esistenziali. Perché c’è sempre un motivo per non lasciarsi andare, per non mollare.

Marco appartiene alla ricca borghesia italiana di provincia, figlio di una architetto e di un ingegnere che sono rimasti insieme per il bene della famiglia, ma che in realtà si sono amati per un tempo brevissimo. Cresciuto a Firenze, Marco deve affrontare la depressione della sorella maggiore che arriva fino all’inevitabile tragedia, l’impossibilità voluta dal destino (o forse anche da qualcun altro) di vivere concretamente la storia d’amore con la donna della sua vita, molti altri dolori e lutti, alcuni dei quali gravissimi, che l’esistenza gli propone regolarmente. Il nostro protagonista affronta tutto in modo molto dignitoso, cercando di non farsi sopraffare dalle tragedie ed opponendo al dolore sempre una sua solida resilienza.

Un libro originale per quanto riguarda l’impianto, nessun capitolo è uguale all’altro. Ci sono mail, messaggini, elenchi, racconti e ricordi. Non sappiamo mai dove saremo una volta terminato un capitolo.

Intorno a Marco Carrera, Veronesi costruisce un mondo intero, una galleria di personaggi indimenticabili, un’architettura romanzesca perfetta come i meccanismi di un orologio, che si muove tra i primi anni ’70 e il nostro futuro prossimo nel quale, proprio grazie allo sforzo del colibrì, splenderà l’Uomo Nuovo.

Marco ha un grande amore che si chiama Luisa, un amore mai consumato, un’ossessione che lo accompagna per tutta la vita: tanti gli addii tra di loro, tanti gli incontri e quella promessa: non andranno mai oltre.

Il colibrì è un romanzo sul dolore e sulla forza struggente della vita, anche tutto l’amore che è stato sparso per il mondo, tutto il tempo che è stato sperperato e tutto il dolore che è stato provato: era forza, tutto, era potenza, era destino, e puntava lì.

I lupi non uccidono i cervi sfortunati, Duccio – dice- uccidono quelli deboli. Questa consapevolezza è l’unico modo per non soccombere alla “dittatura del dolore.

Un romanzo che parla di amore, di dolore, ma soprattutto di forza.

Magistrale la penna di Veronesi che rende originali certe situazioni che potrebbero risultare banali, scontate e ti tiene incollato alla pagina fino alla fine del romanzo. Un sacco di citazioni importanti, musicali, cinematografiche e letterarie.

Un romanzo quindi che ci regala una storia malinconica che invita alla riflessione, al porsi domande e interrogativi legati alla sfera personale, al nostro modo di vivere la famiglia, l’amore, gli affetti che ci circondano, le responsabilità che a volte ci soffocano e altre volte ci danno la forza per andare avanti. Un romanzo che ci mette di fronte ad alcuni aspetti della nostra intimità, della nostra sfera personale, ma allo stesso tempo rimane leggero, delicato e lieve.

Marco è un eroe dei nostri giorni, sopporta strenuamente i colpi bassi della vita e lo fa perché proprio come ognuno di noi, non ha una scelta. La separazione, i problemi della figlia Adele, la malattia dei genitori: ha trattenuto un piccolo mondo fragile che senza di lui si sarebbe dissolto, una vita che ha sempre continuato a stare ferma per anni mentre quelle degli altri andavano avanti, per essere improvvisamente sbalzata da un evento eccezionale in un altrove nuovo e sconosciuto.

Ecco pertanto una luce in fondo al tunnel, Miraijin, l’ uomo nuovo, creatura fantascientifica, un po’ Manga, onnicomprensiva, bellissima, una carta assorbente con poteri extrasensoriali, a dissolvere il catastrofismo imperante indirizzando la vita ad un futuro di speranza, radioso, profondamente umano, ribaltando e contravvenendo le innumerevoli storie e spezzoni di storie narrate, e ponendo il lettore di fronte ad un oggettivo dubbio: quale il senso?

 

 

Post correlati