Quello che non voglio

Quello che non voglio

Articolo e foto di Lucia Bonacci

In un mondo che ci vuole frenetici, splendenti, dominatori di like; in un mondo in cui pensiamo sia più congeniale ciò che riusciamo ad ottenere, ciò che vogliamo e desideriamo a tutti i costi, ciò che è bello, ciò che è di tendenza, ciò che l’apparenza rende più appetibile, a volte anche a costo di snaturarci, non ci chiediamo mai fino in fondo cosa non vogliamo.

Non si tratta, qui, delle grandi questioni della vita: è normale che nessuno voglia la malattia o il dolore (nonostante aiutino a crescere), ma si tratta piuttosto di un’indagine più minuziosa, verso ciò che è non funzionale, allontanabile, allarmante; forse ideale, inconciliabile, intollerabile.

Perché non provare a chiedersi: “Cosa non voglio?”.

Non voglio il viola, non voglio “sopportare e supportare” nessuno, non voglio la negligenza, non voglio le altalene.

Non voglio perdermi per poi ritrovarmi, non voglio essere disponibile, non voglio le parole dure, non voglio rincorrere treni che comunque perderò, non voglio il freno e nemmeno le ruote di scorta.

Non voglio le rime “cuore-amore”, non voglio il gelato al cioccolato, non voglio la comfort zone che spinosa resta. Non voglio le zanzare e i parlamentari di bassa lega.

Non voglio più le parole “assolutamente/mai/sempre/capita”; non voglio rilassarmi, non voglio la prepotenza, non voglio la perfezione, non voglio risposte di circostanza, non voglio chi chiede “come stai?” senza attendere la risposta. Non voglio l’equilibrio e non voglio la bussola, non voglio fango né le luci dei retrò.

Non voglio tende, non voglio sospiri, non voglio valigie piene di nulla.

Non voglio attori sociali complici di questo tempo nefasto, non voglio le griglie di valutazione, non voglio le civette sul comò, non voglio un centro di gravità permanente.

Non voglio intermittenze. Non voglio volere.

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