Scrivo, pubblico, mi inganno. Storia vera successa all’alba

Scrivo, pubblico, mi inganno. Storia vera successa all’alba

Racconto e foto di Martino Ciano

Il dramma dello scrittore che si annuncia in nome e per conto di sé stesso comincia presto; intorno alle 5.30 del mattino.

Si manifesta con un messaggio privato, con cui chiede l’acquisto di una copia della sua opera. Dopo, passo per passo, mette in evidenza le sue gesta, le sue volontà di indipendenza; in alcune di esse si proclama “incompreso e vittima dello scarto costante delle sue idee”, ma davanti alla domanda “cosa leggi?” egli esita, fino a dissolversi. Non risponde più, sparisce.

La mia domanda non è stata di suo gradimento. Lui scrive, quindi parla solo di sé stesso, racconta e narra solo della sua presenza; gli altri sono acquirenti e se come lui danno sfogo al loro estro, allora sono concorrenti. A un vincitore corrisponde un perdente o una pletora di perdenti; lui è sempre sul podio.

Eppure non do torto allo scrittore, perché ha capito la strada del farsi personaggio, in quanto una certa “accettazione della truffa” la società l’ha inserita tra le pagine del proprio “bon ton”. D’altronde spargere illusioni, quindi degli inganni conditi con scaglie di speranza, è un’attività tollerata, addirittura insegnata in apposite scuole sorte nella società contemporanea.

Illudere o illudersi? Non è più questo un dilemma, visto che la distinzione netta tra io e gli altri, se non per fini promozionali o edonistici, è stata sostituita dalla rassegnata accettazione di ogni regola. L’obiettivo è giungere all’attribuzione di un valore da imporre sul mercato di qualsiasi tipologia o categoria.

E ciò succede anche a chi, pur calpestando terreni che si credono solidi, si abbandona al proprio settarismo, sbirciando i suoi accoliti da dietro una tenda di velluto, conscio di non poter abbassare mai la guardia verso l’ammirazione che si fa presto invidia. E mentre il sistema macina corpi e pensieri, persino il contestatore cade nella trappola, perché non si rassegna a voler cambiare le cose “secondo il proprio gusto”, magari attribuendo un valore, poi un prezzo, alla propria autonomia.

Ma si badi bene che non si delegittima né l’aspirazione né la volontà di successo, che d’altronde hanno mosso e muoveranno l’umanità. Qui si chiede “onestà intellettuale” nel riconoscere e nell’avere consapevolezza di una forza oscura, suadente, affascinante, che chiede la castrazione del pensiero, l’adeguamento al tema del momento, l’incoscienza di classe, dando voce allo sfruttamento intensivo della propria appartenenza e della propria esperienza per generare il “vincente” che condanna gli altri alla narrazione della propria “sconfitta”.

La truffa, ossia l’illusione che ci sia posto per tutti, che le porte siano sempre spalancate, che le strade del web siano infinite, è il complotto che ogni giorno alimentiamo. Insomma, alle 5.30 del mattino uno “scrittore presso sé stesso” mi ha impartito una lezione.





 

Post correlati