Un guizzo e un romanzo

Un guizzo e un romanzo

Articolo di Antonella Perrotta

Che cos’è un guizzo? Un movimento rapido, uno scatto, una vibrazione.

Capita così: un guizzo nella mente in una notte insonne qualunque, mentre il vento soffia dalle colline al mare, trasportando con sé polvere e suoni, ora soffio leggero di parole sussurrate, ora rombo invadente di urla e strepiti, verga e carezza, brutalità e poesia. 

Fisso quel pensiero tremolante su un foglio sottratto alla stampante, biro nera, tratto rapido, alla luce – altrettanto tremolante – di un abat-jour. Lo rileggo, sorrido e con esso mi addormento, ma non mi risveglio. Il foglio in un cassetto della scrivania, recuperato in un giorno qualunque, non ricordo quale, diventa file, col tempo diventa storia, narrazione, condivisione.

“Sono un contastorie, frugo dentro le memorie, rendo agli altri un po’ d’eternità. Cerco tra le pietre, le vinèdde, le fiumare, una storia che ci salverà…” canticchio.

Così, mi sento: un contastorie che ascolta le voci antiche trasportate dal vento, le strappa alla furia dell’aria, le mette sulla lingua di uomini e donne e, poi, le lascia nuovamente andare. Sanno di miele e di fiele, di bontà e d’infamità. 

Eh, il raccontare… Quale magia il suono delle parole, le storie prese a prestito dalla Storia, gli spazi vuoti che soltanto l’immaginazione riesce a colmare superando gli scarti del tempo e dell’incoscienza. E il racconto è prosa, poesia, rabbia, denuncia.   

Su tutti, un pensiero va a coloro che dalle parole sono frustati, feriti, annientati anche, ché “una malavuci fa le vucche amare, appiccia, ammazza, semina sali…” Anche questo canticchio.

Un pensiero, su tutti, va al coraggio necessario per vivere in un mondo che ti rifiuta, ti rinnega, ti condanna, ritenendoti “diverso” e cos’è la normalità e cosa la diversità se non il frutto del nostro pregiudizio?

Un pensiero, su tutti, va a coloro verso i quali non si adotta clemenza, che portano addosso il disprezzo degli uomini e che devono lottare ogni giorno per essere se stessi senza mai rinnegare la propria specialità di essere umani.

Nasce così Malavuci: da un soffio di vento che, in una notte qualunque, è diventato tempesta. 

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