The Garage Man. Paolo Franco e l’imprevedibilità della quotidianità

The Garage Man. Paolo Franco e l’imprevedibilità della quotidianità

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “The Garage Man” di Paolo Franco, Scatole Parlanti, 2023

Un locale, ossia l’Holy Riff; la musica rock, Verona, Roma e una serie di storie allo stesso tempo drammatiche e ironiche, su cui domina l’imprevedibilità.

Paolo Franco ce lo dice fin dalle prime pagine: basta storie in cui tutto sembra calcolato o calcolabile, la vita e la quotidianità si muovono all’insegna della fatalità; ciò che sembra non è, ciò che si vorrebbe che fosse quasi sempre non accade. Gli scherzi del destino sono il sale della vita e l’assurdo è ciò che tiene i fili.

Assurdo per noi? Certo, sono tutte etichette con cui proviamo a giustificare gli eventi e con cui continuiamo a ingannarci. In fin dei conti, siamo servi sciocchi, o utili idioti, di una continuità temporale che si impone a noi. Di qui i personaggi che costellano “The Garage Man”.

Sono uomini e donne comuni pronti a elogiare le proprie virtù, tenendo ben nascosto il torbido. L’amore per i festini a base di droga e di donne, il tradimento come arma di evasione, il perbenismo italiota con tutta la sua gamma di verdetti, il male di vivere di una società sempre più edonista.

Lo stile di Paolo Franco delinea, crea soggetti, modella avvenimenti, ma soprattutto è divertente. L’autore calabrese si concentra a demolire e a desacralizzare, a gettare ogni frammento di purezza nel fango. Non mostra, ma racconta; non dà al lettore la possibilità di entrare nel mondo in cui la scena si sta consumando, ma lo tiene fuori, relegandolo al solo ruolo di spettatore.

Infatti, leggendo, vedremo che si sta svolgendo uno spettacolo, l’unico possibile. Per quanto questa possa sembrare una limitazione, durante il libro capiremo invece che è una scelta voluta e motivata dalle situazioni. A noi viene data la possibilità di aderire o di dissentire.

Il qui-ora domina; il futuro non esiste, il passato è serbatoio di giustificazioni. “Sono così, perché a nulla è servito comportarmi bene”, questa legge del taglione tutta nostrana è la più alta forma di moralismo esistente, tant’è che ha la forza di de-responsabilizzare.

Quasi nessuno dei personaggi si salva da questo mantra che risuona nelle pagine e che si materializza nei fatti. E tutto ciò dà vita anche ad alcuni siparietti che ci strapperanno amari sorrisi.

Insomma, ecco un libro irregolare che spezza l’aria di Romanticismo che attornia il male e che trasforma in pregi i difetti.

Post correlati