Sole Nero. Gianluigi Bruni e la favola della follia
Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Sole Nero” di Gianluigi Bruni, Rubbettino, 2024
A un certo punto Michele viene portato in manicomio. È un bambino che ha solo la colpa di “fare la pipì a letto”. Viene lasciato tra le mura di un istituto e, di reparto in reparto, vivrà lì per buona parte della sua vita senza mai conoscere i motivi del suo internamento.
Arriva anche il giorno in cui è libero di poter andare per il mondo, ma proprio non se la sentirà di abbandonare la sua “comfort zone”; d’altronde, vivere è una cosa che si impara e che forma ognuno costantemente attraverso l’esperienza.
Leggendo questo romanzo, scritto con un linguaggio delicato capace di accarezzare e di addomesticare la crudeltà, Bruni ci porta in una pagina oscura della nostra storia nazionale, facendoci toccare con mano il dolore di coloro che, etichettati dalla società come “pazzi”, venivano separati dal contesto e segregati. Nessuno pensava davvero a curarli o a riabilitarli; erano semplicemente scarti.
La vicenda è nota e Bruni non disdegna di darci una ripassata, usando Michele come testimone diretto. Ma l’autore non si limita a questo, anzi il senso del romanzo è un altro e, pagina dopo pagina, si apre in noi una domanda che tante volte ci siamo rivolti: chi sono gli anormali?
L’ingenuità di Michele, la sua “idiozia”, non sono altro che caratteristiche di un uomo che non è in linea con “gli standard del tempo”, che non è in grado di apprendere le regole sociali, che è al di là di tutte le definizioni di “normalità”, che non conosce il compromesso, ma che sente il peso di un “guardiano” che infligge e inietta sensi di colpa banali.
Michele resta bambino, bloccato nel suo mondo…
Nonostante tutto è capace di esplorare l’Universo nel quale si trova, di ricavarne qualcosa di buono, addirittura di sviluppare le sue doti di artista. E anche la sua creatività, così apprezzata, ma di cui lui non si vanta, ci viene mostrata nella sua forma più pura: attività dello spirito; somma degli archetipi che si sono incasellati nell’umanità dall’alba dei tempi.
Quando arriva la notizia che un medico del nord Italia, Franco Basaglia, ha intenzione di chiudere i manicomi, Michele non è felice, perché ormai quello è il suo spazio vitale. E poi egli non si considera pazzo, solo uno che vede il mondo diversamente. Le sevizie, i trattamenti con l’elettroshock e altre “brutali cure” che ha ricevuto negli anni, per lui sono sostanza della sua vita. In poche parole: accadimenti.
Michele ha però imparato che in manicomio si può fare amicizia e ci si può pure innamorare, che tutti possono scrivere una favola, anche quando il dolore supera i confini della fiaba, persino quando la sofferenza è l’unica cosa che si avverte con lucidità.
Insomma, “Sole Nero” è un romanzo che ci accompagna lungo un percorso tortuoso, quello che ci fa immergere nella follia dell’altro, senza dimenticarci della nostra; infatti, chi ha creato tali inferni e chi ha permesso che questi venissero accettati e istituzionalizzati, non può che essere guidato da una pazzia davvero pericolosa.
In questo romanzo, però, restiamo come Michele, davanti al cancello del manicomio con lo sguardo rivolto verso il mondo esterno, preferendo però il nostro habitat, nel quale sappiamo riconoscerci, apprezzarci e illuderci di essere folli conclamati tra pazzi che non sanno leggere loro stessi.