Orgoglio del Sud

Orgoglio del Sud

Racconto e foto di Adalgisa Giannella

Cetta è il diminutivo di Concetta, ma u sann tutt quant che nei paesi i nomi si storpiano fino a farli diventare piccoli, stupidi, sgraziati e tu non ci credi più a mammeta e patito che ti chiamarono Concetta in onore di una zia morta accisa da una jeep americana durante la liberazione, perché Cetta, ti piace più di Concetta.

Tu si piccerella, un metro e 62 e tieni gli uocchi arruvutati e sei meschina con due scapole prominenti e un seno che ti sconvolgerà la vita. Gruoss assaie, tuosto che a dieci anni già sbarbatelli e padri di famiglia ci si impigliano arint e poi pensandolo ce la fanno a fare l’amore con le mogli masculine e pure a imbrugliare qualche frase di circostanza.

Te vogl bene, ma tantu bene assaie…

Pinocchi del sud!

A Cetta ci sta bene pure il culetto a mandolino preso da nonna Lora che con il suo, ci aveva conquistato i surdati e Napoli durante la guerra e fatto capitali, notti dopo notti.

Soldi che mamma Felisia porta in dote al marito sposo Cicchietiello degli Olzai del Cilento, anche se non ce n’è bisogno perché Cicchitiello è pazzo di Felisia e dopo sei mesi di conoscenza hanno già procreato Cetta sotto un pino, tra cicale e mare.

Tanto è la passione che non la smettono mai e se ci sta tiempo pe s’annasconnere fanno l’amore perché Felisia pensa che a Cicchitiello suo qualche malafemmina ce lo possa arrubbare prima che la sposi.

Concetta nasce pochi mesi dopo il matrimonio. Tutti si accorgono ca nun puoi nascere dopo cinque mesi, ma di fatto ufficializzati da don Carmine, Felisia e Cicchitiello, nessuno fiata e ci commentano solo salut e figli maschi perché le femmine non servono a mantenere una famiglia ma devono fare le mogli, le madri o le suore.

Cicchitiello ha già deciso che Cetta entrerà in convento, appena fatta l’età, per dare prestigio alla famiglia.

Al pensiero ci viene un sorriso che pare il diavolo.

Cetta compie un anno e nasce il fratello Graziano.

Ci fanno una grande festa perché la nonna materna, Sofia e quella paterna Gina, tengono in tutto nove femmine e un maschio ciascuna e potevano essere tutte femmine pure per Felisia e Cicchitiello, invece arriva Graziano poi Edoardo e infine Elisabetta che da Bettina diventa Tina.

I due sposi sono carnali e pomeriggio e notte si ritirano in camera da letto, abbassano le tapparelle e fanno l’amore fino a che non c’è bisogno del caffè.

Dio li benedica!

Lo stipendio da carabiniere di Cicchitiello però non basta più con quattro figli e se si vogliono fare na casarella per conto loro, per quanti sacrifici facciano, basta figli.

Cetta tiene appena dieci anni quando apre alla prima mammana.

Ha portato i fratellini da Ilde la vicina e deve aiutare.

Quant’è brutta sta femmina che si lava le mani con l’alcool mentre la madre sul letto, ha steso tra le gambe un lenzuolo bianco.

Ci dà gli ordini come ai soldati – mi serve una bagnarola, mammeta ha detto che sta in terrazza, corri a prenderla!

La bagnarola azzurra è più grossa di Cetta, a fatica la trascina fino alla sponda del letto.

Felisia è bianca come un cadavere. Tiene na pezza bianca sulla fronte mentre la mammana ci infila un ferro da calza sotto il lenzuolo e gira come se rimestasse una minestra.

Cetta osserva e sta sulla difesa.

Vorrebbe abbracciarla Felisia, nonostante abbia capito che il quinto figlio non è il benvenuto e se ne andrà dritto dagli angiulielli senza chiagnere e farsi una conoscenza, vorrebbe abbracciarla perché non è contenta mamma sua e ci piange di disperazione.

L’ha scelta papà la soluzione e Cetta non se la sente di volergli più bene perché e creature hann nascere pure senza sold e avvenire.

Lo dice Dio.

Il pianto sommesso della madre ci scuote le viscere a Cetta che si tiene la pancia per il dispiacere.

La mammana la caccia fuori dalla stanza proprio quando il lenzuolo bianco si fa rosso. Chiusa la porta Cetta guarda dal buco della serratura e si sconvolge.

Nella bagnarola azzurra la schifosa ci ha appoggiato qualcosa che pare una bambola sporca e il lenzuolo rosso di sangue ci sta sopra a coprirlo. Ci sta dando un cucchiaio di sciroppo nero a Felisia che giace stremata con gli occhi chiusi, i capelli neri riversi come tanti serpentelli sul cuscino.

Cetta corre al gabinetto e ci rovescia pure l’anima là dentro perché ha sentito l’assassina che diceva n’ata femmina Felisia, meglio accussì!

Maronna quant’è bella st’isola!

Pare la favola di Alice nel paese delle Maraviglie, quando lei ci scopre tunnel e conigli e a casa non vuole tornare.

Cetta pensa che rimarrà là fino alla morte, invece no. Dopo la nascita della sorellina si parte per il confine che è Italia ma non per Cicchitiello che ce lo dice subito a loro:

– Non vi preoccupate, aggia fa’ carriera, ma ogni stagione torniamo in Italia, questa non è Italia, arricurdateve!

L’Italia è da Napoli in giù.

Là è u paravis! –

I maccaruni Felisia li adagia dentro la sperlonga.

Lo sa che a Cicchitiello piacciono assai e pure a Cetta e Graziano. A Tina no, ce li deve spezzettare tutti se no soffoca. La figlia maggiore l’aiuta e tiene pazienza, quella che a volte a lei manca tra mbragature di neonati, aborti e ncanti con Cicchitiello.

Ci passa la pazienza e si arraggia assai e poi urla con tutti e la pressione ci scende e a capa fa male e pure u pensiero.

Stanno al nord e stanno combattendo con la città che non li vuole i napoletani, anzi li schifa proprio.

Questo pensa Cetta mentre ci leva le pellecchie alle patate con le quali Felisia ci fa il cattò che farà da primo e secondo piatto perché ci sta il parmigiano grattugiato, le uova, nu poco di mozzarella del paese, basilico, sale, pepe e il pane grattato avanzato, che lo rende speciale. Sono i piatti della gente che risparmia pe na casarella che li aspetta sulle colline di Ancona dove sciurilli e fazzuletti d’erba ci girano intorno.

Non se lo aspettavano ma è un appartamento nuovo al primo piano con quattro stanze, cucina e bagno, che se la devono riscattare in cinque anni se deve rimanere a loro.

Per questo non rivedranno più l’isola e ci devono soffrire stezzilla a stezzilla per farsi accettare dai marchigiani.

Ce lo hanno ripetuto per ore Felisia e Cicchitiello che devono sopportare tutti, anche quelli che tirano calci e capelli, che a scuola con le suore devono dire grazie e amen e farsi il segno della croce ogni volta che c’è un crocefisso, che hann sta tutti assiem per difendersi dagli sguardi malevoli e gli ‘inciarmi, tutt assieme senza mai appiccicarse.

Na parola!

Quant’è difficile pensa Cetta che sente i vapori in testa quando la chiamano napoletana rognosa e ci vorrebbe dire che al sud li ammirano per l’educazione e la pulizia, che gli isolani li rispettano perché le famiglie d’amore con tanti figli che vanno al nord pure se non lo desiderano per farsi l’avvenire, sono sante e si devono accogliere come na bella cosa, di novità e ncanto.

Loro che se la devono far piacere a forza questa cittadina nebbiosa e puzzolente di gas, non si rassegneranno mai.

Mai!

Sopportano i fratelli e ci ragiona Cetta con loro, che avranno la rivincita mentre veste Tina con gli abiti regalati dalle suore del Bambin Gesù. Ci devono studiare, fare i bravi e pregare. Crescere come la gramigna che poi chi la strappa, male si fa, e ci bruciano le dita.

Intanto Graziano si fa amico con Tobia che ha tre anni più di lui e tiene già le ragazze. Tobia fuma pure le sigarette e lo insegna al fratello e Cetta quando lo incontra lo prenderebbe a sassate e ci rimane male quando quello guarda dentro la scollatura e la sorride come fosse l’unica femmina del quartiere.

Si chiede che c’hanno mai gli uomini che pensano sempre a na cosa come il padre che puntualmente fatto un cenno alla madre si ritira in camera da letto e lei spera disperatamente che non torni la mammana.

Quando ci viene regalata la bicicletta da zia Camilla che diventa parente loro pure se non è, Cetta fa la faccia incantata.

La dirimpettaia con la famiglia matta che accoglie sorelle modelle a Roma, frati affascinanti, spagnoli e sudamericani, femminielli che zunsuliano per i giardini della villa truccati come star e con vestaglie scintillanti, ci vuole bene a loro perché parlano napoletano e fanno alleria.

Camilla ha il marito che gira il mondo per lavoro, lei si fa amante frate Gabriele e le sorelle organizzano feste che tutti ci criticano, perché si fuma marijuana e si beve fino a svenire.

Felisia alle feste non ci va pure se invitata, tiene il divieto di Cicchitiello. A riscatto porta crostate e frittelle impastate con l’alga, zuppa inglese e pizza di Napoli imparata dalla madre. Fritta, con cicoli e pecorino che gli americani ci impazziscono e poi regalano dollari che si mette nel reggipetto di nascosto a Cicchitiello.

Ci regalano pure la coca cola e frate Gabriele le perdona tutti i peccati pure se lui ne fa più di Felisia.

Se li conquistano così i marchigiani che non hanno il coraggio più di giudicare loro che stendono il bucato più bianco del rione, che si sono fatti amici i più ricchi e belli del paese, che hanno figli bravi a scuola e portati di esempio per educazione e amore di famiglia.

Cetta si accorge che Donatella figlia di professori, la invita a giocare con le amiche. Donatella che l’ha sempre snobbata e derisa deve recuperare.

Ci gioca di malavoglia perché Rosa che si arrampica sugli alberi e ci pare un maschiaccio coi capelli corti e i pantaloni strappati, a lei piace di più. A Rosa coi parenti pazzi e senza padre, le vuole bene perché gioca, ride e non si lamenta pure se la madre ha una brutta malattia, il nonno è strano, il padre è morto e lei non si sa che fine farà.

Ce lo chiede a Felisia se la possono prendere loro l’amichetta col destino infame, ma in Italia si può fare, qua no.

Qua la terranno in casa famiglia fino a che nessuno l’adotterà e lei che è brava a fare di conto, un domani potrà lavorare da maggiorenne e aggiustarsi una vita che ora la vuole come na scucciatura.

Gli Olzai crescono.

Cetta compie quattordici anni quando si trasferiscono in Ancona.

Frequenta il primo magistrale quando Felisia rimane incinta.

Porta avanti la gravidanza con gioia perché c’hanno la casarella e Cicchitiello guadagna e questo finalmente è il figlio della provvidenza.

Partorisce precipitosamente come sempre, puntuale al nono mese, ma Raffaele ce lo tolgono appena nato.

Lo vedono solo Cetta e Cicchitiello che singhiozza accanto all’incubatrice con Raffaele dal labbro spaccato e il respiro mozzato.

Il padre piange e Cetta non capisce che quel fratellino se ne sta andando.

Ha appena il tempo di farsi guardare una settimana, di farcela affezionare e si spegne.

Broncopolmonite.

Ecco, è il primo dolore tuosto che la fa spasimare per giorni dentro al lettuccio suo assieme a Felisia che tiene pure i sensi di colpa per la figlia gettata via.

Ci dice a Cetta che se la sogna tutte le notti, che piange e trema di freddo, che non l’ha voluta neanche Dio a figliulella sua e prima o poi l’andrà a trovare.

Se ne scappa Cetta dalla casa disgraziata mentre frate Gabriele ci consola la madre. Acchiappa la bicicletta e corre in mezzo alle campagne dove la primavera ci dà schiaffi di colore mentre il cuore s’è fatto nero abbrustulito.

Quindici anni di brutture, sembrano pochi per aver il desiderio già di andarsene mentre e cos bell capitano solo a chi nun so merita.

A rabbia ncuorp ci appanna la vista.

La bicicletta con le gomme lisce acchiappa un ramo traverso sul sentiero e la sbatte a terra come una bambola di pezza a Cetta che si ritrova il cielo turchese sopra la faccia e le ginocchia sanguinanti.

Dieci minuti di cielo, quattro di lacrime e tre per sputarsi sopra le ginocchia sbucciate perché lo dice Felisia, a sputazza fa più della penicillina e non costa niente.

Addò sta a bicicletta sua che ci tiene più della vita?

La cerca vicino ai cespugli di agrifoglio, dietro agli olmi e alle querce e si fa il segno della croce mentre il sole cala e ci viene freddo per la paura perché alle diciotto deve apparecchiare con Felisia la tavola prima che arrivi Cicchitiello che poi la mette in castigo e ci molla pure uno schiaffone.

—Cercavi questa?

Ci sta talmente vicino Tobia che la turba.

Cetta si scansa e ci strappa la bicicletta dalle mani. Tiene una forza che neanche Ercole la vince. Tobia la ride appresso perché le ruote sono sgonfie e il manubrio sturtiato non la sposta dal sentiero. Ci sente la voce del conquistatore di femmine quando gliela toglie dalle mani e la solleva come fosse un cardillo morto.

— Te la porto a casa in cambio di un bacio.

A lui lo schiaffo arriva come na rivoltura.

A Cetta bruciano le ginocchia ma le mani no, quelle possono appiccià le facce come succede a Tobia che ci rimane male e fa l’uocchio ra malincunia.

A lei ci piace la bocca di Tobia ma non ce lo dirà mai che non sa baciare, pure se lui ci ha fermato il braccio e ci rovista in bocca con la lingua.

Lei si vergogna e lui ride, dice che un poco alla volta conoscerà l’amore mentre Cetta tutta la saliva che si sente in bocca e che quasi l’affoga, la sputa sul dorso della mano e se la mette sulle ferite augurandosi che quello là non porti malatia.

Dopo cinque baci con Tobia capisce che il cuore non si è caricato come racconta Felisia dopo l’incontro con il padre. Così dice a Tobia che la storia finisce, che deve studiare e che se lo sa il fratello lo spara.

Peccato perché non era male sto guaglione e ci teneva a lei.

Peccato perché ci rimane un quarto di giornata senza sentimento, irrequietezza e risate.

La stanza sua la divide con Tina che s’è fatta chiattulella e tiene sempre fame. L’aiuta con i compiti e ci promette le caramelle se fa la buona.

A scuola è brava Cetta e il quarto di giornata lo occupa leggendo libri. Su quelle pagine capisce l’amore proprio come lo vuole e si meraviglia di averlo già incontrato. Porta un ciuffo biondo sopra l’occhio bruno sinistro e quando la incontra neanche la vede perché fa coppia con Giulia Risi la più bella della scuola. Ce lo racconta all’amica più cara e quella ride perché la scelta è proprio infelice. Uno così non la vorrà mai una come lei.

— Ma dici o vero Lucì?

E ci sta antipatica Lucia perché non risponde e continua a ridere come fa la madre che pare na pazza sconcicata.

Finisce la scuola e partono per l’Italia. Sono stati tutti promossi e non vedono l’ora di incontrarsi con i cugini.

Cetta si è fatta bella. Ci dice Felisia che asssomiglia tutta a nonna Lora coi capelli lunghi e ricci, la pelle scura e la camminata da strafottente. Tiene il sorriso del padre e mò che sono in Italia gli uomini ci escono a frotte. Qualcuno parla a Cicchitiello ma quello dice che la figlia deve entrare in convento dopo le superiori e non ci sta niente da fare. Sta attento che non lo senta Felisia che pensa al matrimonio della figlia come na favola bella.

L’estate al sud è speciale pensa Cetta mentre corre al lido dove l’aspettano cugini e amici. Lei è contenta perché non pensa più al ciuffo biondo che non la vuole a lei che tutti fa impazzire tanto è femmina.

In Italia te li scordi gli altri paesi e subentra l’orgoglio del sud “pigliate ‘o bbuono quanno te vene, ca ‘o malamente nun te manca mai”

Se la vuole proprio godere quell’estate di smania e frenesia. Di corse nel mare, scorpacciate di pesche e fichi d’india, di pelle che freme sotto il sole, canzoni arrubbate ai juke box, senza amore e penzieri, se la vuole godere.

Ma l’amore non te la conta giusta. Ci sta il mare d’estate e ci stanno i forestieri.

Tra questi appare all’improvviso Dario, un pomeriggio in cui Felisia l’ha mandata a fare faccende dal verduraio e dal fornaio. Tiene ancora il naso sporco di farina per aver mordicchiato la pagnotta calda e le molliche ci sono cadute pure nella scanalatura del seno e il forestiero la guarda ridendo.

Cetta si da una rassettata perché il ragazzo è più grande di lei e tiene pure la macchina, indossa una camicia slacciata sul petto e un paio di pantaloni di lino e ci fa soggezione perché assomiglia a Cari Grant, l’attore di Felisia, il preferito.

Intanto il cielo si fa arancione, poi rosso e infine lilla. Deve correre perché a cena ci deve stare a tavola il pane e pure l’insalata se no il padre si arraggia.

Ci sta la piazza piena di gente e Dario cerca di abbracciarla.

Si scansa Cetta perché la troppa confrenza non si da agli sconosciuti pure se questo ci pare di conoscerlo da quando è nata.

Dapprima lo supera poi torna arrete e ci stampa un bacio sulla guancia perché la madre ha fatto lo stesso con Cicchitiello e se l’è sposato.

A buona sciorta si deve acchiappare prima che se ne fuie!

La buona fortuna si deve prendere prima che fugga.

— Ci vediamo stasera Concetta, t’aspetto dietro il lido.

Ci sussurra Dario in un orecchio

— Appena senti Acqua di mare dal juke box, aspettami che ti raggiungo!

Cetta si è fatta sfacciata, l’ha tanto aspettato l’amore che adesso, ce lo ha insegnato Felisia, ci si deve dare anima e cuorpo.

Non ce la fa a cenare. Quando i fratelli la sfottono risponde male e si allontana. Si sdraia sul lettino e pensa ai vestiti che indosserà. Ruberà la Nivea alla madre così profumerà di buono come lei e indosserà il vestito che le ha regalato la cugina Irma, lascerà i capelli sciolti e si metterà il sandalo con un poco di tacco per sembrare più grande.

Ci sono così tante stelle in cielo che il quarto di luna al confronto sembra la sorella maggiore. Sparano fuochi d’artificio sulla scogliera e quei colori le ricordano che il paese è in festa e lo è anche lei.

Corre al lido e inserisce una moneta sperando non arrivino conoscenti mentre la canzone va.

Acqua di mare negli occhi tuoi… voglia di amare in me…

Suona il clacson e Cetta corre verso la Dune Buggy di Dario. Questa volta il bacio è più ardente.

Lui le mette una mano sulle cosce e guida a velocità elevata verso le rupi rosse, una zona boscosa e solitaria.

Si spogliano e si amano. Cetta sente dolore e scendono gocce di sangue sull’asciugamano.

Ce la lascia là sopra la verginità e non se ne pente perché questo è l’uomo suo anche se non dice ti amo e tante altre smurfiarse.

Ecco, è mezzanotte quando rientra a casa. Gli altri sono ancora a festeggiare così può farsi una doccia e pensare in santa pace.

Pensare al giorno dopo, quando rivedrà Dario suo e si faranno la promessa.

In sonno ci vengono tutti i diavoli della terra perché ora si sente di aver ingannato i genitori e ci pesa sulla cuscienza.

La mattina seguente si avvia verso il lungomare. Ci manca il respiro e cammina a fatica. Se lo fa cinque, sei volte il lungomare, ma Dario non c’è.

Passano tre settimane e Cetta non ce la fa più con lo strazio ‘ncuollo e parla con la cugina che lo conosce a Dario e quella ci dice che fa le vacanze a Paestum e tiene un giro di tedesche turbolente che non gli danno respiro.

L’orgoglio del sud lo misura giorno dopo giorno senza un minuto gentile, imbavagliata nella bocca e in una mente di pensieri disgrazziati che la vorrebbero a cercare chi si è approfittato di lei e farcela pagare.

Ma a chiagnere ‘u muorto so’ llacrime perse.

Cetta vomita e mangia poco e quando Felisia preoccupata ci chiede cosa tiene, racconta tutto senza fare nomi.

La madre c’ha il fuoco agli occhi e fatica a capire.

La figlia sua ha solo sedici anni, come ci è venuto di perdere la verginità così presto e con uno sconosciuto? Quante raccomandazioni ci ha fatto perché si mantenesse illibata fino al matrimonio?

Chiede se ha avuto il ciclo e quando Cetta scoppia a piangere ci viene la collera e non ce la fa a respirare.

Chi ce lo racconta mò a Cicchitiello che è pure in attesa?

L’orgoglio del sud dice che se non ti vuole un uomo, non devi insistere.

L’orgoglio del sud prevede regole animali che se ti hanno presa a calci nella stanza degli adulti, tu ti devi proteggere come puoi e tentare un gesto assurdo.

Tenerti il figlio che ti fa vomitare tutte le mattine e pure di sera, dire a Felisia che ce lo dirai tu a Cicchitiello che hai sbagliato e che se ti vuole tenere lo deve fare con questo frutto amaro e che un errore si può fare pure poesia.

Si sente liberata con il cuore caldo che batte tutt’uno con quello del figlio.

Nascerà ad aprile in Italia, con la luce bella della primavera.

Le donne lo sanno meglio degli uomini che chi ama non esce mai di scena, specialmente se sei del sud e capiti a caso tra i respiri del mondo come un filo d’erba, una nevicata, un soffio di vento.

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