Notizia senza notizia

Articolo e foto di Martino Ciano
Notizia senza notizia: cioè? Il dato interessante è che ormai “poche cose fanno notizia”. Giusto le tragedie raccontate con dovizia di particolari riescono a incantare per qualche istante il pubblico. Il fatto in sé non conta, bisogna colpire al cuore delle emozioni, spifferare nomi e cognomi, peso, sesso, altezza, quanti più dettagli afferenti alla vita privata. Magari bisogna divorare un corpo e poi vomitarne i resti.
Lo impone la tecnica: basarsi sul particolare più che sull’aspetto generale, tirando fuori quel carattere di “evento” unico e irripetibile. È giusto dare anche la speranza che ciò non accadrà più. Però, a conti fatti, passato qualche giorno, rischiarata la mente dalle macerie lasciate dal bombardamento mediatico, ecco che tutto viene dimenticato, metabolizzato, scartato e sacrificato sull’altare della continuità della vita di ciascuno. Si comprende all’improvviso che davvero “l’evento” era una notizia senza notizia.
Ognuno torna alle proprie faccende e quanto appena avvenuto, come per magia, non è più un sintomo sociale, ma un’eccezione che se ben osservata non è altro che ripetizione di una “tendenza”. Che rottura di coglioni pensare che ogni omicidio sia “unico”, che ogni stupro sia “un accadimento simbolo della decadenza moderna”. Ne avvengono tanti: non ci si annoia mai.
Intorno a noi, qualcuno decide con accuratezza quali parole usare, quali scartare, quali nascondere, quali omettere, quali cancellare dai vocabolari. Il frasario cambia, le descrizioni si impoveriscono, il linguaggio tende all’approssimazione, il tono è sensazionalistico e ha un unico obiettivo: istigare le opinioni del pubblico.
Certi guru del giornalismo sghignazzano e sussurrano: “dateci le tre ‘Esse’, soldi, sesso e sangue, e vi procureremo un infarto o uno scioglilingua. Vi promettiamo anche che riposerete in un sepolcro imbiancato”.
All’esterno tutto appare equilibrato, un naturale stato delle cose con i suoi “alti e bassi”, invece internamente il caos concepisce con foga, alimenta focolai, terremoti esistenziali, crisi di panico, controllori e controllati. Quando il sangue scorre e la pazzia sembra ormai inarrestabile, quando passa il messaggio che chiunque si può trasformare in un mostro, scatta la necessità dell’ennesimo appello “alla prevenzione” che trasforma ogni istinto ancestrale in un’emergenza sanitaria contemporanea epocale, mai vista prima.
Prevenire vuol dire contenere l’uomo nella forma migliore adattabile al mosaico sociale. Tutto ciò che sfugge di mano è come una tessera che qualcuno ha provato a infilare nel punto sbagliato. Certi libertini penseranno che qui si stiano avvalorando tesi complottistiche. Invece “no”, perché anche il pensiero complottista è il tentativo di dare una logica a ciò che è sempre accaduto con mezzi e modi diversi.
Intanto, l’istinto autodistruttivo dell’uomo infiammato dall’eccesso autostima è pur sempre una notizia senza notizia?
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