Non volevo fare lo sbirro. Fabio Pietrosanti e Gianni Gallo raccontano una scelta

Non volevo fare lo sbirro. Fabio Pietrosanti e Gianni Gallo raccontano una scelta

Recensione di Adriana Sabato

Non volevo fare lo sbirro, non suona tanto strano questo diniego iniziale che è anche il titolo del romanzo di Gianni Gallo con Fabio Pietrosanti. Non lo è perché lo sento vicino al mio personalissimo diniego a continuare ad occuparmi di cronaca. Non intendo certo tediare nessuno, solo cercare di spiegare quanto possano essere tanto simili quanto difficili, le situazioni che accomunano il cronista e il poliziotto. E dunque cercare di compenetrarmi nelle storie.

Storie narrate con molta veridicità da Fabio Pietrosanti che, a suo dire, temeva esattamente il contrario ottenendo invece un riscontro immediato da parte dei lettori nella stesura di questo avvincente romanzo. Storie violente, certo, ma dietro alle quali si cela l’umanità con tutte le sue perversioni e di fronte alle quali – ce lo poniamo spesso in questi ultimi tempi – solo uno è il dilemma: perché?

Non solo perché l’essere umano compie alcune azioni ma soprattutto perché molti altri ne seguono l’esempio oppure addirittura emulano chi lo fa. E senza scomodare la psichiatria, mi basta pensare alla legge eraclitea degli opposti per comprendere qualcosa di molto importante ossia che l’ordinaria straordinarietà citata in prefazione da Fabio Pietrosanti è in realtà qualcosa di incomparabilmente prezioso, forse il dono più grande che un professionista o semplicemente un uomo possa avere. E questo, in tempi tanto “oscuri” come quelli in cui – incredibilmente – ci ritroviamo a vivere, non è cosa da poco.

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