La bellezza salverà il mondo. Il Dostoevskij frainteso
Articolo di Giusi Sciortino
«La bellezza salverà il mondo?»: senz’altro una delle citazioni dostoevskiane più famose, ma anche una delle più enigmatiche e fraintese; da tenere presente che in russo mondo e pace si dicono allo stesso modo, ovvero мир [mir]. Che cosa significa veramente «La bellezza salverà il mondo»? Cosa salverà il mondo o la pace? L’etica o l’estetica? Esaminiamo brevemente il contesto all’interno del romanzo L’idiota da cui la citazione è estrapolata: la domanda viene ironicamente posta al principe Myskin dal nichilista (guarda caso) Ippolit, alludendo al fatto che il principe è innamorato. Consideriamo innanzitutto che la frase è interrogativa, primo equivoco quando viene enfaticamente citata in maniera affermativa, e che non ottiene risposta. Che interpretazione possiamo dare al breve brano? Si tratta forse di una profezia sull’attuale imperversare del nichilismo?
In effetti, la bellezza pare avere a che fare con il bene supremo di cui il bello ne è manifestazione, ma ci si riferisce a un bene etico, soprattutto, dato da grazia e giustizia, rappresentato dallo stesso Myskin il cui cuore puro, a tratti ingenuo, affronta l’abiezione degli esseri umani, talvolta redimendoli; non per niente spesso la figura del principe viene associata a quella di Cristo.
In base a tale interpretazione, Myskin sarebbe la personificazione di un Messia a cui un campione del nichilismo domanda sprezzantemente se riuscirà l’etica, ovvero grazia giustizia e dirittura morale, a riscattare un mondo in balia del materialismo moderno e a conquistargli la pace. Sembrerebbe quasi un dialogo filosofico, una tenzone tra forze del bene e del male, come gli episodi biblici in cui Satana tenta Gesù nel deserto oppure sfida Dio stesso come avviene nel libro di Giobbe. Mi sembra pertinente e utile allo scopo andare a rileggere un passo chiarificatore del pensiero di Dostoevskij tratto da I fratelli Karamazov, altro insuperabile capolavoro, ovvero La leggenda del grande inquisitore. A narrare è l’intellettuale Ivan Karamazov che si rivolge ad Alëša, il più spirituale dei fratelli Karamazov che incarna la morale ricordando per molti versi il principe Myskin.
Nel racconto il Messia ritorna sulla terra ai tempi dell’Inquisizione spagnola. Riconosciuto e acclamato da tutti, dopo aver realizzato il miracolo della resurrezione di una bambina, viene fatto arrestare dall’inquisitore, sebbene anche costui ne abbia riconosciuto la figura salvifica. L’inquisitore chiede al Messia: «Perché sei venuto a infastidirci?» contestandogli quindi l’inutilità della sua venuta, l’intenzione di apportare amore a un mondo in subbuglio ma convinto di avere raggiunto l’equilibrio, la libertà e un’illusoria pace. Pertanto, il popolo non ha bisogno di alcun salvatore, anzi, una nuova venuta non potrebbe che creare ulteriore scompiglio e malcontento, instillare il dubbio e la rivolta danneggiando l’ordine costituito, seppur un ordine fragilissimo basato su menzogne, immoralità, materialismo, in una parola nichilismo. E se non è riuscito nemmeno un secondo Cristo a salvare l’umanità, potrà mai esserne in grado un idiota vestito da principe? Forse la missione del principe sarà destinata a non essere compresa, e la bellezza buona emanante da pace e giustizia sarà persa per sempre. Oppure ancora una speranza resta.
Chi può dirlo?