A te che te ne sei andata
Racconto di Antonella Perrotta
Ho iniziato a perdere i tuoi contorni fra i sussurri del vento. Mai ho pensato di possederli del tutto. Ma ho provato a ricostruirli centimetro per centimetro e, quando credevo di esserci riuscita, mi sono resa conto che erano imperfetti, incerti.
Com’erano i tuoi occhi? Ecco, li vedo. Ma solo per un istante. Poi, sfugge l’espressione stupita, quella sorridente, quella assorta. Sfugge, come sfugge il sorriso, la piega delle labbra, come sfuggono le mani, le dita, anche l’odore. E della voce non rimane che una parola sospesa, un guizzo che attraversa il silenzio muto e sordo.
Sfuggono i contorni, e non solo, e io mi danno. Provo a rimetterli insieme. Li rincorro, li assemblo, cercando di dar loro armonia. Sei ancora tu colei che vedo?
Mai ti ho perduto, eppure te ne sei andata. Questo ho sempre pensato ed è verità. Ma comincio a non ricordarti più. Non come vorrei. Galleggi sulle acque. Sigillano il buco nero che inghiotte le persone che sono andate via, lontano chissà quanto. In quelle acque, vedo soltanto il tuo riflesso. È tremulo alla luce della luna. Provo a sfiorarlo, a trattenerlo, ma è anguilla tra le dita.
Si perdono i sensi, il tatto, la vista, l’olfatto. Li hai portati via con te. È nascita in questi giorni. Per qualcuno che si svela, qualcun altro si nasconde. Resta solo la sensazione della tua presenza. È bastardo un ricordo così. Traditore, pugnala alle spalle, lascia a terra tramortiti, condannati alla dimenticanza, con le mani che, inutilmente, provano a trattenere le non consistenze.
Eppure, ancora ci sei. Con me.