“Nomi, cose, musiche e città”. Giovanni Granatelli e “ciò che resta”

“Nomi, cose, musiche e città”. Giovanni Granatelli e “ciò che resta”

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Nomi, cose, musiche e città” di Giovanni Granatelli, Arkadia, 2023

I luoghi ispirano, le emozioni suggeriscono, la penna corre, descrive e traccia parole che immortalano istanti. Forse è solo un’illusione, ma bisogna pur provarci. Granatelli, come molti prima di lui, vuole attestare il suo Esserci. Non vuole essere un uomo di passaggio, vuole osservare e vuole lasciare un’impronta; magari il suo odore o il suono della sua voce.

C’è una atmosfera nostalgica tra queste pagine, come è giusto che sia; c’è anche una profonda analisi sui comportamenti della nostra società e della nostra Italia. In alcuni momenti mi sono sentito coinvolto in prima persona e questo è un bene, perché quando ci si lancia in certe avventure descrittive, si avverte la necessità di sopravvivere allo scorrere del tempo.

Letture e riferimenti culturali non mancano all’autore di questo “memoriale” atemporale e generoso che viene dato in dono ai lettori. C’è tanto di personale, infatti, ma anche molto del patrimonio dell’umanità e delle sue preoccupazioni. Per fortuna, c’è chi ancora si sofferma e si interroga sulla “durata” delle proprie emozioni.

Granatelli assembla ricordi. Ogni “prosa” è una dettagliata cronaca del “qui-ora”. È una narrazione solida che si basa su un’esperienza passata, certamente intima, ma comunque autentica. E con una soggettività che mai si fa supponenza, l’autore ci lascia attraversare, grazie al suo racconto, questo spazio sensibile che sta sbocciando sul terreno della coscienza collettiva.

E allora accogliamo questo punto di vista, che rischierebbe di smarrirsi, di non essere più unico e inimitabile. Ma c’è anche un altro aspetto. Ce lo dice lo stesso scrittore in una prosa in cui “i nomi con i quali protagonisti si identificano sono vani tentativi con cui si prova a cristallizzare le cose”. Ecco che questo significativo passaggio suggerisce anche la sconfitta dell’uomo davanti all’eternità.

Passiamo, diamo nomi alle cose, agli attimi e a tutto ciò che ci circonda; eppure, siamo solo un veloce andare verso altro. La memoria ci salva, la malinconia ci vivifica… nonostante tutto.

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