La montagna incantata. Thomas Mann e il nichilismo della catastrofe occidentale

La montagna incantata. Thomas Mann e il nichilismo della catastrofe occidentale

Recensione di Nicola Vacca

Thomas Mann cominciò a scrivere “La montagna incantata” all’inizio del 1913, dopo aver trascorso alcune settimane in compagnia della moglie, ricoverata per un’infezione ai polmoni in un sanatorio situato sulle Alpi Svizzere. Su quelle montagne nacque il libro che fu pubblicato nel 1924.

La montagna incantata, a cento anni dalla sua pubblicazione, è uno dei pochi romanzi europei che hanno segnato il Novecento. È un fedele ritratto della civiltà occidentale e della sua decadenza; tra le sue pagine si incontra l’agonia del Novecento.

Il sanatorio è il simbolo di un disfacimento e nel suo microcosmo si può leggere il panorama di tutte le correnti di pensiero dell’epoca. Giorgio Montefoschi scrive che “La montagna incantata è un romanzo bellissimo, nel quale tutto è profondamente simbolico e vero”.

La montagna è un simbolo, la pianura è un simbolo, il sanatorio è un simbolo; è simbolico tutto. È un simbolo anche Castorp, che in mezzo a tante tragiche forze contrastanti trova il proprio equilibrio. Il capolavoro di Mann è un libro che ha molte facce: è la mimesi emblematica della decadenza della borghesia, l’analisi della crisi del sistema europeo e della sua confusione ideologica.

Ma è anche un romanzo che diventa un laboratorio spirituale: il tragico mondo del sanatorio diventa per Castorp-Mann il luogo in cui discutere sui temi culturali ed etici del primo Novecento: la malattia, l’amore, la condizione umana, la contrapposizione vita-morte, ma soprattutto Mann entra nel cuore del pensiero nichilista.

La montagna incantata è un affresco della civiltà europea alla vigilia della prima guerra mondiale, ma questo grande capolavoro della letteratura del Novecento arriva ai nostri giorni e al nichilismo drammatico dei contemporanei disastri, anche bellici.

Avere cento anni e non dimostrarli. Questa è la forza del libro-simbolo di Thomas Mann, che, soprattutto con La montagna incantata, ha superato brillantemente la prova del suo tempo.

Nel sanatorio va in scena il declino di un’epoca e seguendo il viaggio interiore Castorp ci imbattiamo nelle considerazioni di un impolitico che sa cogliere perfettamente tutto ciò che si avvertiva nell’aria all’inizio del secolo, ossia quella deflagrazione della coscienza dell’Europa, da cui nacquero i drammi del totalitarismo.

Castorp, alla fine, tornerà alla pianura per perdersi nel tragico massacro della grande guerra. Mann ci lascia a futura memoria uno dei libri più importanti della nostra cultura, perché è riuscito ad andare al cuore della catastrofe europea, in cui l’idea dell’uomo passa attraverso la profonda conoscenza della morte e della malattia.

La montagna incantata è un viaggio al centro del mistero dell’uomo, un romanzo molto europeo che è capace di leggere e interpretare le attuali derive nichiliste, anche perché questo libro ha oltrepassato, nello spazio e nel tempo, le iniziali intenzioni dell’autore, diventando tragicamente nostro.

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