Lorenza e il segreto delle mele

Lorenza e il segreto delle mele

Racconto e foto di Adalgisa Giannella

Era una giovane pallida e taciturna, Lorenza, e forse anche un po’ scema quando rincorreva il vento con l’aquilone blu.
I capelli svolazzanti, gli occhi da gatta, l’unico vestito viola, sempre quello, cucitole per pietà da chissà chi, le davano dieci anni anziché tredici.
Viveva sulla montagna con il nonno, un vecchio muto e scorbutico che scriveva memorie su querce ed elci secolari.
Ad ogni inverno le incisioni venivano coperte da edera e muschi e allora un unico suono usciva dalle labbra avvizzite, una sorta di ululato disperato e rabbioso per il quale in paese era soprannominato Lupo triste.
Lorenza e Lupo triste erano due miserabili che nessuno amava.
Solo io mi avvicinavo alla baracca per lasciare cibo e qualche indumento. Lorenza sorrideva mentre strofinava panni al ruscello, alzava il braccio pieno di ferite e muoveva la mano per salutare.
Da quella bocca di corallo non usciva un suono, si pensava fosse muta anche lei e questo spaventava la gente come fosse un maledetto spettro da tenere distante.
Io che una figlia l’avevo persa, non ascoltavo nessuno, perché Lorenza si portava via un po’ del mio dolore; un dolore che aveva fiaccato cuore e desiderio di vivere.

Un giorno la sentii cantare.
Trasportava legna dentro a un grembiule al quale aveva tirato su i lembi per contenere i ciocchi.
Figlia benedetta, che voce!
Rimasi estasiata perché sembrava un trillo d’arpa suonato da un angelo.
Aspettai che finisse.
– Che voce splendida hai! Che gioia ascoltarti!
Lorenza si tolse il grembiule, lavò le mani al ruscello e si avvicinò. Mi prese la mano con delicatezza.
– Ti racconto una storia ma non devi ridere.
– Giuro che non lo farò.
– Il segreto è nelle mele selvatiche.
Le raccolgo ogni giorno nel bosco. Almeno dieci. Le sbuccio bene e le pesto nel mortaio. Ci aggiungo un po’ di miele e bacche di cannella e prego mamma e papà affinché non rischi di diventare muta come il nonno, dato che nessuno mi parla e ho il terrore che la voce sparisca.
Poi canto e mi sento felice.
L’abbracciai quella straordinaria creatura e fu come se i nostri dolori sì mescolassero dando vita a un amore nuovo, un amore sacro perché nato ancor prima che ci incontrassimo.
I richiami vanno ben oltre la ragione, perché è Dio a deciderli, noi dobbiamo solo ascoltare.

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