La linea del pudore. Giuseppe Scaglione e ciò che va sacrificato

La linea del pudore. Giuseppe Scaglione e ciò che va sacrificato

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “La linea del pudore” di Giuseppe Scaglione, Les Flâneurs Edizioni, 2024

“La linea del pudore” è quel confine sottile che ognuno di noi sposta a suo piacimento e attraverso cui separa ciò che è lecito da ciò che è illecito. Il pudore è anche qualcosa che ha a che fare con il dolore e con il rapporto che instauriamo con esso, infatti tramite il pudore comprendiamo, accettiamo e scontiamo le nostre e le altrui sofferenze.

Certamente, Giuseppe Scaglione si riferisce maggiormente alla prima rappresentazione che ho descritto a inizio articolo, ma non distoglie lo sguardo da qualcosa di più profondo, che può rifarsi all’idea di “compromesso”, che, quasi sempre, incatena chi lo accetta a una serie di conseguenze irreversibili.

Il romanzo dello scrittore pugliese ci pone davanti a questo scenario, prendendo spunto dal meglio della letteratura noir, che però l’autore rielabora con i mezzi della “tradizione meridionale”. Le dinamiche sociali e le aporie in esse contenute sono l’appiglio sicuro, quasi la giustificazione a ogni cosa. Detto in soldoni: il capro espiatorio del delitto al centro di questa storia.

“La linea del pudore” è la nuova indagine del commissario Andrea Lamparelli, più un sociologo che un uomo di legge, vista la sua abilità nel saper catalogare il torbido, infilandosi tra quelle crepe ben celate dal più gretto provincialismo, che ha come scopo quello di ridicolizzare la gravità di ogni evento capace di far collassare l’intera struttura sociale.

L’omicidio di Loredana Greco, esponente della Bari facoltosa ed ecologista, nonché donna di indubbia bellezza, innesca la bomba ad orologeria. Il primo depistaggio è il movente passionale, che avrebbe il compito di portare Lamparelli su un terreno di banalità e di facili allusioni.

Il commissario non ci casca, ma sfrutta l’occasione per introdursi in un ambiente sostenuto dall’apparenza e dall’omertà, tant’è che il tutore della legge si domanda cosa sia “il pudore” e se il suo significato cambi “a seconda della classe sociale”.

E andiamo al secondo aspetto che ho illustrato a inizio articolo, ossia il pudore come  mezzo di attraversamento del dolore. Scaglione ci mostra personaggi sofferenti, nonostante la patina di benessere che ognuno di loro ostenta.

Bari è una città di lobby locali che aspirano a uscire dal proprio isolazionismo. Prestigio e fama, più del denaro e del possesso di beni, sono il fine di ogni relazione. In un quadro del genere “amicizia e amore” sono parole vuote che vengono riempite solo da valori mondani.

Anche un omicidio può essere quindi un “male necessario” per mantenere determinati equilibri. La domanda però sorge spontanea: chi è il rampollo che si prenderà la briga di mostrare la propria brutalità in un branco di finta raffinatezza?

Scaglione scrive un romanzo di impatto che ci fa scendere nei meandri della “zona grigia”, luogo in cui il potere si rinnova assoldando persone di diversa estrazione sociale e creando un movimento di “liberazione” dal pudore. Una lezione che conosciamo, ma che è sempre bene ripassare.

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