L’antico mortale. Intervista a Jacopo Lavezzoli
Intervista di Antonio Mari. Le foto di questo articolo sono state fornite dall’autore dell’articolo
Lavezzoli, “L’antico mortale” è l’ultimo volume della trilogia “La Genia d’oro”, epopea a cavallo tra il thriller e il paranormale, intrisa di riferimenti storici, in bilico tra scienza e mistero. Quanto è stato difficile portare a termine il tutto? Che tipo di preparazione ha richiesto?
Il testo è diviso in due parti: la prima affronta l’arco narrativo storico che va dal 1700 ai giorni nostri, la seconda riprende dal finale di Cercando Amy e si svolge in un presente fantascientifico/apocalittico. Per prepararmi alla stesura della prima parte ho condotto molte ricerche storiche, focalizzandomi sulle scoperte scientifiche avvenute nei trecento anni di narrazione. Ho raccolto informazioni sulle società segrete e su alcuni specifici personaggi reali che sono entrati a far parte nella narrazione. Poi, ho amalgamato storia e finzione sorprendendomi di come nascessero spontanee le speculazioni: spesso, la realtà offre appigli solidi per fantasiose teorie. Un esempio è la creazione della società della Porta, una società segreta di studiosi che si radunano per discutere al sicuro dalla censura della chiesa; questa mia invenzione ha preso spunto da un fatto reale, ovvero la fondazione dell’Academia secretorum naturae da parte di Giovanni Battista Della Porta, a Napoli nella seconda metà del XVI secolo.
Per la stesura della seconda parte ho raccolto informazioni su tecniche militari e armamenti, approfondendo in particolare alcune nozioni di balistica. Ho incluso tradizioni ebraiche, questioni geografiche e politiche. In tutto il mio lavoro è sempre presente anche il contributo delle mie competenze come psicologo. In questo libro specifico ho rispolverato nozioni di linguistica e neurologia, due materie estremamente interessanti che avevo approfondito già ai tempi dell’università. Lei mi chiede se sia stato difficile portare a termine il tutto, le potrei rispondere che non è stato più difficile di un esame universitario corposo, ma sarebbe un parallelismo traballante. La verità è che non è stato né facile né difficile. La considero un’esperienza estremamente stimolante: ogni ricerca ha aperto nuove domande e le risposte hanno tracciato percorsi alternativi in cui instradare la narrazione, è stato istruttivo e coinvolgente.
Sono certo che il valore ultimo del mio operato risieda nell’esperienza che offro ai lettori.
Dalla forma diario dei primi due capitoli (Il diario segreto di Edgar Stone e Cercando Amy) alla narrazione in terza persona. Perché questo cambio di passo? Bisogno di una tecnica distanziante o scelta finalizzata a tirare le fila del discorso?
Penso che sia più la seconda, ovvero la necessità di tirare le fila del discorso. Mentre i primi due libri, con la loro narrazione immersiva, permettono al lettore di esperire il piacere della scoperta di un diario che offre loro il compito di discernere tra verità e visione limitata del personaggio narrante, questo terzo libro deve fornire le risposte alle molte domande sollevate, colmare i vuoti e correggere i fraintendimenti. Dopo una semina durata due libri, è tempo per un raccolto che fornisca soddisfazione e sorpresa al lettore. Inoltre, il narratore onnisciente in terza persona permette di addentrarsi nella mente di più personaggi, tra cui l’antagonista: l’essere misterioso che un lettore attento potrebbe identificare come il vero protagonista della trilogia. Senza svelare troppo, l’unico personaggio presente in tutti e tre i libri è il fulcro del mistero e l’agente che muove l’intera storia, le sue azioni vengono osservate dai primi due narratori, per poi essere mostrate apertamente nell’Antico Mortale.
L’intera opera appare segnata da dicotomie: bene/male; luce/ombra; realtà/finzione. Qual è il confine tra queste dimensioni? O forse, come lei sembra suggerire, il reale è più complesso di quello che appare…
Il confine tra bene e male è estremamente labile. Ritengo che una buona storia debba fornire una visione taoista di tali estremi morali: bene e male, come Yin e Yang, non sono parti distinte e speculari, ma si mischiano generandosi l’uno nell’altro. Soprattutto in questo terzo libro, le due figure più forti, l’immortale e l’antico mortale, non possono essere classificate come buone/cattive o positive/negative, il loro conflitto offre diverse sfaccettature morali che permettono di schierarsi da entrambe le parti.
Troviamo il messaggio fondamentale nella terza parte, quella minoritaria e insospettabile: attraverso le azioni dei due combattenti che rappresentano l’eterno duello tra antichità e modernità, natura e cultura, scienza e fede… si apre lo spiraglio per l’azione determinante della terza parte. Senza rovinare il finale ai lettori, posso dire che la soluzione a un problema ricorsivo e irrisolvibile è l’apertura a un nuovo schema, un nuovo ordine di pensiero.
Quanto al rapporto tra realtà e finzione, come ho accennato nella risposta alla prima domanda, la realtà sa essere estremamente bizzarra, forse non più di una fantasia ben allenata, ma certamente abbastanza da rendere solida e plausibile una realtà fittizia che punti oltre i limiti del possibile.
La realtà è complessa? Credo che semplicità e complessità siano due parti di un cerchio infinito: ciò che ci appare complesso può essere compreso e diventare semplice, ma la comprensione fornisce conoscenze che aprono la strada a nuovi interrogativi e quindi a nuovi terreni complessi da esplorare. Il processo si ripete nell’infinita ricerca del sapere.
I suoi personaggi sono individui a più dimensioni, capaci di praticare il dubbio, di interrogarsi su di sé e sul mondo. Mi piacerebbe sapere se, nel tratteggiarli, si è lasciato ispirare da qualcuno o qualcosa…
Da Sigmund Freud a Carl Jung, si è molto dibattuto sull’interpretazione dei sogni, e un’idea è spesso presente in molte teorie: quando sogniamo recitiamo tutte le parti, ovvero, siamo ogni personaggio che appare nei nostri spettacoli onirici. È soltanto una teoria, ma ritengo che si adatti perfettamente al processo di creazione dei personaggi di un libro. Ma ritengo che questo sia valido esclusivamente al momento della creazione.
Ogni personaggio che è apparso nella mia mente era una versione di me stesso, alcuni erano persone che avrei potuto essere, altri erano singoli aspetti di me portati all’estremo; ma, già mentre muovevano i loro primi passi nei miei appunti, essi si allontanavano dal punto d’origine. L’impatto con la trama e l’ambiente rende unico ogni personaggio. Io li ho creati partendo da me stesso, ma poi li ho seguiti mentre reagivano al contesto secondo un coerente rapporto di causa effetto, fino a diventare qualcosa di totalmente unico e diverso da me.
L’antico mortale spalanca le porte a quella che, a tutti gli effetti, appare una “guerra per la sopravvivenza”. Niente di più attuale, in un mondo segnato da guerre, conflitti e una crisi climatica da “atto finale”. Che la letteratura possa offrire uno sguardo alternativo, e magari più incisivo, su questo stato di cose?
Il conflitto e la sua risoluzione sono utili a fornire lo spunto per una riflessione su temi etici e assiomi culturali. La tradizione è meglio dell’innovazione? Quand’è che il desiderio di migliorare le cose diventa arroganza? Fino a che punto è lecito piegare i propri confini morali per ottenere un bene superiore?
Questi, e molti altri temi classici della narrativa, trovano ampio spazio nel conflitto di questa storia, ma non vi è un vero parallelismo con le difficoltà della società odierna.
Al momento sto lavorando alla mia prossima storia, si tratta di un romanzo di fantascienza e in esso affronto proprio i temi di cui mi sta chiedendo: la guerra per la sopravvivenza non si limita a un conflitto esterno tra uomo e natura, la società è piena di crepe e falle che rendono impossibile sviluppare un futuro prospero, a prescindere dal consumo energetico o dalle condizioni climatiche.
L’umanità, nei millenni, ha sviluppato forme di aggregazione complesse che si sono consolidate in schemi culturali, sociali, relazionali e politici che si sono sostituiti alla natura nel processo darwiniano di selezione. Ciò che in natura è selezionato dall’ambiente, in società è selezionato da leggi, usi e costumi, consuetudini, mode e tradizioni. Sopravvive e prospera chi è più conforme agli ideali del luogo e del momento, mentre viene emarginato e oppresso chi se ne discosta. Attraverso paradossi, intrighi e misteri, il mio prossimo libro si preannuncia un viaggio intergalattico per la ricerca di una società migliore, capace di dare nuova vita e dignità alla razza umana.