La musica è come una persona

Articolo di Valentina Ciurleo
Dovremmo parlare di musica come una persona. Sarebbe il contrario a rigore di logica, ma dentro ogni canzone risiede parte di noi, del nostro vivere. La musica ascoltata produce effetti personali: rilassamento, distrazione, cambio d’umore, vivacità, condivisione, piacere e tanto altro. Con la tecnologia odierna la musica è a portata di click o di App; è veramente normale lanciare una ricerca su YouTube e cercare il brano amato. Dalla stazione radio preferita in auto, oppure a casa, ogni frequenza attraversa la quotidianità e ci fa compagnia. Esiste un linguaggio fedele per ogni tendenza musicale che porta uno specifico messaggio emozionale. La musica ci abita dentro come nei luoghi più profondi e spesso imperscrutabili.
Essa ha origini molto antiche sin dalla preistoria e molto dobbiamo ai Greci per la prima comparsa di specifici elementi, ma per la produzione volontaria, anche tramite strumenti, dobbiamo risalire al paleolitico. Alcuni studiosi ipotizzano la sua nascita in Africa, quando le prime comunità umane conosciute iniziarono a disperdersi sul globo. Dunque la musica ha tracciato un percorso molto specifico che è progredito e si è espanso nel tempo, influenzando la vita dell’uomo. Questo ha creato un’identità precisa. Quando parliamo con conoscenti o amici è solito chiedere Cosa ascolti? Che genere ti piace? Dunque una sorta di aggancio, quasi psicologico, per carpire gli interessi o la personalità della persona. Un avvicinamento vero e proprio ai suoi gusti.
Pensare che c’è anche chi non la ascolta, chi è infastidito dal volume troppo alto. Ma questo forse succede a chi non vuole creare esperimenti musicale perché le vibrazioni vanno sentite a pelle, vanno vissute. Esiste poi la forza curatrice della musica… una terapia per l’anima.

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