Sortilegi, delitti e un po’ di tartarughe. Ecco “Il valzer lento” di Katherine Pancol

Sortilegi, delitti e un po’ di tartarughe. Ecco “Il valzer lento” di Katherine Pancol

Recensione di Letizia Falzone

“Il valzer lento delle tartarughe” è il secondo volume della trilogia di Katherine Pancol.

La storia riprende alcuni mesi dopo la fine del primo volume, ma gli smemorati non si preoccupino: all’inizio è presente un ampio recap di quanto accaduto in precedenza. Seppur incentrata un paio di volte in un unico tempo e luogo, la trama è quasi sempre spezzettata in tre storyline principali, connesse ad altrettanti protagonisti: un filone segue la storia del personaggio principale, Jósephine, un secondo la figlia di questa, Hortense, e l’ultimo la famiglia del patrigno di Jo, Marcel. Da queste tre si dipanano poi un ricco gruppo di sottotrame che fanno capolino grazie ai POV dei personaggi secondari.

La protagonista assoluta è però Joséphine, ricercatrice storica e scrittrice, che in questa nuova avventura si trova coinvolta in una serie di omicidi. Intorno a lei gravitano numerosi personaggi già conosciuti nel precedente volume ed altri che fanno la loro comparsa qui. La donna dopo aver scritto un libro di successo mondiale si trasferisce in un elegante palazzo di Parigi, che diventa il teatro di alcuni dei delitti. Joséphine pensa che la nuova casa sia troppo grande per lei e per la figlia Zoè. La figlia maggiore Hortense, infatti ora vive a Londra. Eppure Joséphine trova il modo di rendere confortevole e colorata l’abitazione.

L’autrice si conferma a mio modesto parere davvero brava. La sera tornando a casa e iniziando la lettura mi sembrava quasi di recarmi a trovare un vecchio gruppo di amici, bere una birra insieme a loro e domandare curiosamente di raccontarmi cosa stavano combinando. In effetti ritengo sia proprio questo il talento dell’autrice: senza vezzi stilistici e senza grandi pretese letterarie riesce a tratteggiare una storia in cui ci sentiamo coinvolti. Ciò non dipende tanto da un discorso di immedesimazione (che pur non manca) quanto, piuttosto, dalla sua straordinaria capacità di tratteggiare personaggi talmente reali da affezionarci.

Tra Parigi e Londra, tra beghe famigliari e amori da inseguire, tra rapporti che non possono andare oltre e altri che devono assolutamente chiudersi, tra dipendenze e infelicità, tra vite che si scoprono vuote e vite che hanno necessità di ricostruirsi. La cosa che colpisce è la bravura nel narrare il quotidiano: i piccoli riti come il thè, il lavoro davanti al pc, i conflitti, i momenti di riflessione sugli obiettivi da raggiungere, le chiacchiere tra amiche per sfogarsi di una giornata stressante.

Pancol sceglie di osare e di mostrare al lettore il lato più oscuro dei personaggi buoni, ma anche le debolezze ed i sentimenti degli antagonisti. In linea generale comunque, la serie acquista molti nuovi personaggi che vanno ad arricchire la narrazione, mentre sono decisamente meno coloro che escono di scena.

L’autrice ci trascina a scartare una sorpresa dopo l’altra. I personaggi sono ben costruiti, spiccano a colori vivaci sullo sfondo, non fanno grinze. E infine, le metafore: originali, talvolta spassose. Ritroviamo nel romanzo il Medioevo, le sue atmosfere, le tradizioni, la poesia, il valore forte dell’amicizia che sorregge, sostiene. L’amore di madre di Josephine che sa “esserci” sempre per le sue figlie, le sa ascoltare, mettersi da parte, aspettare il loro affetto. Con Josephine si trasforma anche la sorella Iris che esce da un terribile esaurimento nervoso e, dopo aver inutilmente cercato di riconquistare il marito, pianta le tende a casa della sorella e scopre l’amore vero col vicino di casa, un uomo distinto e distaccato, gentile e irascibile, che nasconde un terribile segreto.

La Pancol racconta l’innamoramento come solo lei sa fare; è capace di scavare nei suoi personaggi, li mette a nudo e li fa crescere, sa conquistare i lettori con una scrittura ricca di fascino.

Si può considerare l’intera trilogia come un unico percorso di crescita e maturazione per la protagonista, ma anche come un terzetto di volumi da leggere separatamente volendo, in quanto nel finale non vengono lasciate incognite in sospeso e il romanzo è fondamentalmente autoconclusivo. Presto inizierò: “Gli scoiattoli di Central Park sono tristi il lunedì”, per poter fare un resoconto completo della trilogia!

“La vita, a volte, è così complicata, e a volte è così semplice. Difficile capirci qualcosa.”

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