La Grande Sete di Erica Cassano

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “La Grande Sete” di Erica Cassano, Garzanti, 2025
Si inserisce tra le pieghe della storia con un impianto narrativo maturo e uno stile che sa fare i conti con diversi registri. “La Grande Sete”, romanzo di esordio di Erica Cassano, è prima di tutto un’opera che si confronta con un periodo drammatico, che parte da vicende “familiari” e che giunge a noi come se fosse una testimonianza.
Napoli e la seconda Guerra mondiale. Curzio Malaparte ne parlò in “La Pelle”, indimenticabile reportage che ancora oggi colpisce per il suo piglio grottesco che seppe fare del capoluogo campano un teatro a cielo aperto. Eppure la storia è quella, così come la riporta anche Cassano nelle 373 pagine di questo libro.
La protagonista è Anna. Ha poco più di vent’anni e per lei la caduta del Fascismo, nonché l’arrivo degli americani, rappresenta il passaggio della “linea d’ombra”. La guerra non risparmia nessuno: o si è forti o si perisce; l’ingenuità dell’adolescenza deve soccombere. Certamente, la protagonista non può saperlo e dovrà provare tutto sulla propria pelle. Quando Napoli viene liberata, la situazione diventa ancora più pericolosa: il rischio è che tutti, anche il più mite, possa trasformarsi in sciacallo.
Il romanzo comincia dalla grande sete che anticipò le quattro giornate di Napoli. L’acquedotto viene danneggiato e dai rubinetti non esce più il prezioso liquido. Solo una casa sembra essere stata miracolata, quella in cui abitano Anna e la sua famiglia. La notizia si diffonde e loro la distribuiscono. Intorno, però, la battaglia continua; dal 27 al 30 settembre i napoletani scacciano i nazisti. Si sono salvati da soli, si sono ripresi la libertà con le loro mani; gli americani arrivano quando il peggio è passato, per questi motivi gli yankee sono e resteranno degli ospiti, graditi ma senza esagerazioni.
La città distrutta, la povertà dilagante, la ricostruzione lenta generano in Anna un’altra sete, quella di vita, di aspettative, di gioia. Sebbene lei non si perda d’animo, intorno ci sono donne e uomini induriti dalla fatica, poco propensi alla speranza e più attaccati a un senso di sopravvivenza dettato dal cinismo. Inoltre, la famiglia di Anna non è una qualunque, ma è stata “sorvegliata dal regime”. Lei viveva con i suoi a Genova, e lì il padre, insieme ad altri amici, combatteva clandestinamente il Fascismo. Ciò completa il quadro di una condizione di “cattività” in cui tutti si ritrovano.
Ma al di là della trama ricca e complessa, nella quale non manca nulla e in cui ogni aspetto, dalla disperazione alla gioia, dall’amore alla tragedia, dalla fiducia nel futuro alla disillusione, viene trattato con scrupolosità, creando così un armonioso intreccio in cui ogni personaggio acquista la sua dignità, “La Grande Sete” si riappropria di una certa tradizione novecentesca in cui raccontare è già espressione della totalità delle cose. Sebbene la protagonista sia anche la voce narrante, Anna non interferisce, non propone sé stessa, resta ai margini, osserva, testimonia, sospende il giudizio anche davanti alle proprie inquietudini.
Ciò potrebbe suggerirci che la guerra anestetizza e che le emozioni si adattano?
“La Grande Sete” è soprattutto un romanzo di donne, in cui gli uomini non invadono il campo, ma sono anche loro addormentati in un “surreale predominio”. Anna, come sua madre, sua sorella e tutte quelle che compaiono, sono personaggi che divengono. Il lettore parteciperà alla loro graduale formazione, una sorta di emancipazione della sopravvivenza che dona al libro una certa vitalità.
Di origini calabresi e cresciuta a Praia a Mare, Erica Cassano è partita dalle vicende di sua nonna; la fonte d’ispirazione è stata una testimonianza diretta che può avere le sue défaillance, le sue omissioni, le proprie interpretazioni, ma che rappresenta sempre e comunque un autentico frammento di vita.
Il merito della scrittrice è stato sicuramente quello di “aderire, senza sabotare”, riportando in vita un passaggio drammatico che è ancora presente “nel rimosso” della nazione. L’abilità è stata quella di trasformare una “storia individuale” in una pagina universale che parla a chiunque, in ogni momento e ovunque, in particolar modo oggi, in tempi in cui facilmente si divaga sulla guerra come se fosse una consuetudine.