It ends with us. Siamo noi a dire basta

Recensione di Letizia Falzone. In copertina la locandina del film
“Bloom”: “sbocciare”; “Lily”: “giglio”; insieme: Lily Bloom. Un destino impresso nello spazio di un nome e di un cognome, quello della protagonista di “It ends with us – Siamo noi a dire basta”. Quel legame unico, istintivo, verso i fiori, verso la loro cura, l’attenzione nel renderli una tavolozza di colori che catturano l’occhio, riempiendolo di mille sensazioni, la giovane sembra non esserselo scelto; era predestinata a cucirselo addosso.
Al centro di questo film, tratto dall’omonimo romanzo di Colleen Hoover, c’è dunque Lily.
Il mondo della giovane prende vita in un attimo di morte: dopo il funerale del padre, la ragazza decide finalmente di trasferirsi a Boston per aprire il proprio negozio di fiori. Con le chiavi ancora in mano, e gli spazi da pulire, Lily incontra Ryle Kincaid, neurochirurgo bello e tenebroso, che si rivelerà essere il fratello della sua assistente fioraia, Allysa.
Ma Ryle non è un tipo da relazione stabile; a lui piacciono le avventure, cosa che spinge Lily a resistere alle sue lusinghe, frenata anche dai fantasmi traumatici di un passato che ritorna: il padre picchiava la moglie, e ha fatto lo stesso con il primo amore della figlia, Atlas. Quando finalmente Lily cede alle attenzioni di Ryle, sarà proprio l’incontro con Atlas nel suo ristorante a scatenare il lato oscuro e violento dell’uomo, con cui Lily dovrà fare i conti.
Il film racconta il percorso di consapevolezza di una donna maltrattata, la difficoltà di ammettere a sé stessa di trovarsi in quella situazione e l’importanza del sostegno delle persone care per aprire gli occhi. Il tema della violenza è affrontato con profondità, senza colpevolizzazioni nei confronti di Lily, senza assoluzioni nei confronti di Ryle.
La parabola narrativa è costruita in maniera molto intelligente partendo dal classico melodramma romantico, leggero e provocante fino ad un crescendo, disseminato da piccoli dettagli, che porta al dramma dell’abuso.
Lily diventa presto vittima e lo scopriamo attraverso diversi campanelli d’allarme. Gli incidenti domestici si fanno via via più gravi ed inequivocabilmente violenti, ma Lily sembra sempre voler giustificare il suo carnefice. Il film, in questo senso, è molto accurato nell’elaborazione del problema della violenza; per tante donne vittime di abusi, non si sa mai quanto possa peggiorare la situazione, finché non diventa davvero grave.
È grazie ad Atlas che It ends with us ci ricorda anche cosa vuol dire avere premure, attenzioni e senso di protezione verso la persona amata. È esattamente nella forbice valoriale tra Ryle e Atlas e il dislivello caratteriale che ne consegue, che si trova custodito il cuore narrativo del film.
Nella differenza che c’è tra un amore sbagliato e uno giusto, tra uno che abbatte l’anima e uno che la fa rifiorire. Nel mezzo c’è Lily; formidabile, mutevole, indomabile e straordinaria, e con lei il valore di una scelta che può davvero cambiare la vita di ognuno. It Ends with Us – Siamo noi a dire basta, è un film doloroso e romantico, un film-manifesto sulla violenza di genere ma anche su cosa vuol dire saper amare.
Negli ultimi anni le storie sterili e quelle ricche di stereotipi sono sempre più messe da parte a favore di una narrazione che in qualche modo sembra voler essere utile. Utile alle donne maltrattate, ai genitori, ai figli, a chi ha un’amica o una sorella vittima.
Alle ragazze, così che sappiano distinguere una relazione tossica da una sana. Ma anche e soprattutto ai ragazzi, esempi di una mascolinità diversa e non prevaricatrice, proprio come Atlas.