Piero Gaddi Quartet. I ricami sonori di “Opus two”
Articolo e foto di Leonardo Ragozzino. In copertina: “Opus Two” di Piero Gaddi Quartet, feat. Bjørn Solli, Nusica.org, 2024
In un campo di fiori tutti diversi, ricchi di colori e fragranze, sboccia in tutta la sua freschezza – come trentesima produzione dell’intraprendente etichetta nusica.org – questo bellissimo “Opus Two”, seconda opera del Piero Gaddi Quartet, a distanza di quattro anni dalla precedente. In questo caso la formazione ospita il quarantaquattrenne chitarrista norvegese Bjørn Vidar Solli, tra i principali chitarristi Jazz della scena scandinava.
Ciò che è immediatamente percepibile è che ci troviamo di fronte ad un album dall’impianto strutturato e multiforme, che riesce a sviluppare tutti i temi musicali in modo compiuto e molto godibile, non facendosi vincolare dalle categorizzazioni di genere e s’impone per la delicata attenzione all’elemento melodico. Non troviamo la ricerca della sperimentazione a tutti i costi, mentre ascoltiamo brani coinvolgenti e autoconsistenti musicalmente, che permettono ascolti a più livelli, ricchi di libertà e levità; gli ammiratori di Bill Evans e dei musicisti di contaminazione come quelli ECM, non potranno non amare questo album.
Dall’ incipit, con la stupenda “Transeunte”, avvertiamo subito la leggerezza e raffinatezza di un paesaggio sonoro per l’appunto mutevole, ma nello stesso tempo molto esplicito e diretto. Con un abbrivio soffuso, quasi impressionista, entriamo poi in una dimensione jazz rock, con i riff e le scale di Solli che dialogano, in una danza suadente, col Sax soprano di Fabrizio Desideri.
Ne “Il Linchetto” è il clarinetto a prendersi la scena sui tappeti armonici e ritmici di piano e chitarra, con una dinamica trascinante, dove conquistano le improvvisazioni della chitarra elettrica del musicista norvegese.
“In quieto” ha un’aria pensosa, spesso proprio inquieta, ma sempre piena di dolcezza, molto immaginifica, quasi filmica, nella sua capacità di evocare emozioni e ricordi.
“La pioggia” è un brano affascinante, con una trama minimalista, che poi apre ai ricami melodici del sax, con contributi del quartetto tutto. “Bye Bye Boris”, brano quasi cameristico, ha l’allusività enigmatica di un movimento lento di un tardo quartetto di Shostakovich.
“Rosa di Francia” è ariosa e assertiva, con un clarinetto ad alta espressività che punta dritto al cuore.
“Inverso” è riflessiva e pacata. Un invito a lasciarsi trasportare dalle lusinghe del violoncello prima e degli altri strumenti poi.
“La legge” mantiene il mood energico di tanti altri brani, mettendo sempre in evidenza i fraseggi del clarinetto, di nuovo grande protagonista.
Di solito in ogni album c’è un brano che trovo rappresentativo del tutto, e in questo caso è quello finale, “Il tempo volato”, perché emerge in esso tutta la composta quadratura compositiva dell’album, che non ha sbavature e impressiona per la sua carica comunicativa, risultato di un affiatamento e un’intesa musicale non comuni maturata negli anni.
Da non mancare, una grande scoperta Nusicale.