Culturalmente corretto. Una bestemmia

Culturalmente corretto. Una bestemmia

Articolo di Martino Ciano già pubblicato per Zona di Disagio.

Non è più una questione di valore, ma di nomi, perché questo torrente di fango chiamato cultura, in cui ormai sguazza di tutto, ha bisogno di influencer, di sponsor, di costruttori di tendenze, per sfociare senza ostacoli nel mare della mediocrità. E sia ben chiaro, tutti siamo parte di una democrazia banale, che attraverso la scusa della libertà d’espressione protegge coloro che edificano le nuove sovrastrutture.

Quando ognuno viene lasciato libero di alimentarsi solo delle proprie opinioni, alle quali viene riconosciuta anche una momentanea ed effimera autorevolezza, allora vuol dire che l’élite sta costruendo un nuovo recinto nel quale rinchiudere la massa. È questo il vero complotto. È nel momento in cui si è convintissimi di pensare con la propria testa, sfruttando però le fonti, i mezzi e i canali del potere, che l’élite cuce addosso alla massa il vestito che crede di aver scelto autonomamente.

Il risultato sarà un’indotta illibertà mascherata da democratica diatriba.

In questo periodo produttore di opinioni, di merci culturali, di pubblicità progresso che impongono la distruzione di ogni singolarità, tutti hanno potuto assistere al fenomeno di un pensiero autarchico, autosufficiente al vociare quotidiano che non deve superare certi limiti, ma deve rimanere confinato nel suo limbo in cui nulla è chiaro e nessun problema viene risolto. Più informazione e prodotti culturali si creano, più si può gridare “viva la democrazia”, “viva la libertà di espressione”, ma intanto la vista si annebbia e il cammino diventa difficoltoso; scambiamo i nostri passi claudicanti per passi di danza.

Il culturalmente corretto dei nostri tempi è solo il necessario sforzo quotidiano richiesto a ognuno di noi, attraverso cui le opinioni contrastanti possono sfociare nella confusione. È di fronte a questo continuo chiacchiericcio, spacciato ogni giorno come confronto democratico, che si impone la dittatura del pensiero debole, che non ha nulla a che vedere con i nobili fini di principi sacrosanti come la sospensione del giudizio, l’opinione ragionata e la scepsi.

Il culturalmente corretto è il mezzo tramite cui la mediocrità diventa regola, in cui la democrazia è bolgia di parole, in cui la politica è litigio di facciata, in cui il lavoro è solo attività per garantirsi una mera sopravvivenza, in cui l’élite costruisce un cielo di idee nefaste illuminate da un sole artificiale.

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