Berlino. Quando anche l’amore diventa una “rapina”

Berlino. Quando anche l’amore diventa una “rapina”

Recensione di Letizia Falzone. In copertina la locandina presa dal web

Ci sono solo due cose in grado di trasformare una brutta giornata in una giornata fantastica: l’amore e un giorno di lavoro che frutta milioni. Questo è ciò che porta Berlino a rivivere i suoi anni d’oro, un periodo in cui non sapeva ancora di essere malato e non era rimasto intrappolato all’interno della Zecca spagnola. Qui è dove inizia a preparare una delle sue rapine più straordinarie: far sparire gioielli per un valore di 44 milioni grazie a una specie di trucco magico. Per farlo, chiederà aiuto a una delle tre bande con cui ha rubato in passato.

“Berlino” è lo spin-off de “La casa di carta”. Il fatto che le assomigli non è nemmeno da sottolineare, visto che appare del tutto scontato. Il meccanismo della rapina al limite dell’impossibile è sempre lo stesso, e se anche i rapinatori ricordano quelli della Zecca di Stato, è Berlino, estroverso e loquace, a non essere come il Professore, silenzioso e introverso.

Come però si scoprirà fin dai primi minuti, Berlino non mette al centro di tutto soltanto l’adrenalina e l’azione. Il vero punto centrale di questa storia è l’amore. Tra amici che si confrontano, o tra due persone che sono amanti, o che stanno per diventare tali. Lo spin-off lo mette in chiaro da subito. Come? Alla fine del primo episodio, parte “Je t’aime… moi non plus” di Serge Gainsbourg e Jane Birkin. Quasi a dire: questa è una commedia romantica e non solo una serie sulle rapine.

L’idea allora di riprendere l’eredità de “La casa di carta” e virarla su altri toni, complice l’appeal di un attore amato come Pedro Alonso, risulta riuscita. È una serie tv che vi sembrerà di conoscere bene. Ma è anche una serie nuova. Attraverso numerosi espedienti narrativi, l’amore ci viene raccontato sotto diversi punti di vista passando dal dolore all’abbandono, dall’innamoramento all’inizio di una nuova avventura. Berlino stesso, attraverso il personaggio di Camille, prende parte a questo turbinio emotivo mostrandoci una parte di lui vulnerabile, ma mai troppo.

Non solo un amore inteso come “dedizione appassionata ed esclusiva, istintiva ed intuitiva fra persone”, ma un sentimento decisamente più complesso. Andrés è anche innamorato di sé stesso, della cultura, della vita e di questo suo colpo. Andrés vive di amore. Questa caratteristica lo allontana dall’immagine del ladro freddo e calcolatore. Ma rendere troppo sdolcinato il suo personaggio avrebbe significato mettere in crisi un’identità che già conosciamo. Per questa ragione, la serie riesce a mettere in atto una narrazione in cui chiunque conosca il suo personaggio riesce a ritrovarlo, ma con delle sorprese, con delle sfumature che mai prima di quel momento era riuscito a osservare da vicino. Il lavoro fatto dalla serie si conferma studiato e portato avanti nel migliore dei modi, con un grande rispetto nei confronti dell’opera prima ma anche con un grande spirito di innovazione dal punto di vista del personaggio.

L’idea è vincente, quindi. In fondo Berlino è sempre stato avvenenza, eleganza, sex appeal, oltre che follia e dolore. È stata una buona intuizione puntare decisamente su altri aspetti del personaggio, tra la seduzione e il savoir faire. In fondo, il pubblico femminile de “La casa di Carta”, ha sempre amato Berlino. Allora, Pedro Alonso diventa un personaggio d’altri tempi, una specie di Cary Grant, un ladro gentiluomo e un latin lover, un personaggio di quelli che oggi nessuno, o quasi, sembra scrivere più. Ladro e amante del bello, si distingue per un’eleganza contraddittoria e un approccio agrodolce all’amore, che emerge con forza attraverso le sue parole e azioni, rivelando una profondità emotiva che va oltre la figura stereotipata del ladro. Le parole di Andrés, “l’energia dell’amore, è questo che mi manca”, risuonano con grande pathos.

Pedro Alonso dimostra un’abilità straordinaria nel dare vita a un personaggio trasformista come Berlino, capace di assumere molteplici identità. L’attore incarna con maestria un personaggio che Pirandello descriverebbe come “Uno, nessuno e centomila” rivelando la complessità e il fascino. Una delle caratteristiche più affascinanti, spaventose e complesse di Andrés è la sua capacità di comprendere e manipolare l’animo umano. Nella serie televisiva, il protagonista emerge come un ladro e come un maestro della manipolazione, un personaggio che conosce a fondo la psicologia umana e la sfrutta a suo vantaggio.

Andrés De Fonollosa, nel corso della serie, dimostra di essere un osservatore acuto, capace di leggere le persone e di utilizzare queste informazioni per manipolarle. Questo aspetto del suo carattere si manifesta in molteplici occasioni, dove Berlino riesce ad anticipare le mosse altrui, adattando le sue strategie di conseguenza. Dimenticate allora le pistole e i fucili, le esplosioni e il sangue, la cattiveria e l’oscurità. La rapina qui non è a mano armata, e ha a che fare con l’illusionismo e con l’escapismo, con Houdini e con David Copperfield. Si parla d’amore e di un tema classico di certe storie, ossia quel coinvolgimento sentimentale che fa perdere la lucidità e la freddezza e rischia di mandare a monte un piano architettato alla perfezione.

Una serie che va oltre la semplice narrazione di una rapina. È un viaggio nella mente di un ladro che ama e soffre, un personaggio complesso che Pedro Alonso interpreta magistralmente (e che sembra essere stato confezionato appositamente per lui). La performance di Pedro Alonso è il punto di forza della serie, che, nonostante alcune carenze nella caratterizzazione dei personaggi secondari e nella freschezza narrativa, riesce a catturare l’attenzione dello spettatore e ad aggiungere un nuovo capitolo all’universo de La Casa di Carta.

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