Memorie dal sottoscala

Memorie dal sottoscala

Racconto e foto di Martino Ciano

Mi dirai che tutte le cose hanno un senso, che si incastrano in un disegno. Tu amavi gli scarabocchi, illeggibili trame che formavano labirinti familiari. Noi ci siamo dedicati ai nostri corpi, il tuo seno era il mio, la mia bocca era tua.

Dicevi sono donna e sono viva, prendimi il cuore e strofinalo sul tuo petto. Sbattilo a terra, accecami con il tuo sorriso.

C’era un pavimento freddo e impolverato, tempestato di impronte impresse nell’umidità della primavera. Era sporco il nostro giaciglio, morbidi gli occhi, di filo spinato le labbra. Ci davamo nudi, in pasto alla luce flebile di una lampadina da 30 watt. Intrecciavano le mani, tra ombre e pudicizia.

Tienimi i polsi, respira per me. Sbatte la pioggia, il vento spalanca le finestre. Noi penetriamo l’uno nell’altro. Chi siamo per porci domande adesso? È Primavera, ricordi? È gioia di vivere persino il terrore.

Vieni in me o su di me, anche se sa di pianto greco ogni sospiro. Tu ami e non ami; come me sei sepolta in questo presente che è già passato.

Sarà domani, sarà mai più. Noi ci amammo per non morire lontano l’uno dall’altro; verrai nei sogni anche quando non ce ne saranno, pure quando l’insonnia terrà la mia testa tra le sue mani. Batte il cuore, battono le dita per terra. Ci diamo il ritmo, mi do a me stesso e tu gemi come la gioia che si spegne.

La pace, quei sensi che come mosche ronzano per dare fastidio sempre nello stesso punto. Mi sarei fatto marchiare sulla schiena la mia data di nascita solo se avessi saputo quella della mia resurrezione. Riportami a casa, velato come Cristo; riponimi in un sepolcro in cui danzano farfalle e zanzare. È il tuo giorno migliore, il mio momento insignificante; dammi l’addio, lasciami il sollievo, chiama in mio soccorso il gelo.

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