Di un’altra voce sarà la paura. Yuleisy Cruz Lezcano e la poetica della comprensione
Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Di un’altra voce sarà la paura”, Leonida edizioni, 2024
Tra i molteplici scopi che la poesia ha, c’è anche quello di saper tradurre il dolore con parole chiare e accessibili a tutti. Immagino quindi che per Yuleisy Cruz Lezcano, di origini cubane, il lavoro non sia stato semplice, proprio perché è conscia del fatto che parlare della “violenza sulle donne” in certi contesti può risultare un abuso, tanto da trasformare ogni rappresentazione di essa in un esercizio di stile che risponde ai criteri della spettacolarizzazione.
Per fortuna, non è questo il caso.
“Di un’altra voce sarà la paura” è prima di tutto una raccolta che pone al centro il linguaggio, l’unione tra correnti diverse, tra culture lontane. In questa commistione di visioni, la radice comune “universalizza” il messaggio e lo eleva ad attività dello spirito, a riflessione dai contorni sensibili. Sembra facile? No, assolutamente, perché si rischia spesso di essere al servizio di un unico punto di vista: il proprio.
Non è solo la voce delle donne a essere scandagliata, ma la sensibilità dell’umanità intera davanti a una responsabilità collettiva. Emerge lo stato di solitudine in cui si ritrovano vittima e carnefice, in cui la società relega coloro i quali superano gli steccati. Non è solo una lettura “sociale” del fenomeno, ma anche una difficile penetrazione in ciò che è, al di là di ogni schema o comportamento definito normale, unico ed eccezionale.
Cos’è quindi la violenza? Cos’è la prevaricazione? Entrambe sono risposte a modelli imposti che a loro volta hanno “violentato” tutti? E in questo spazio spigoloso, difficile da raccontare con una manciata di parole, la libertà è forse solo una licenza poetica?
Sono le domande che mi sono posto al termine della lettura di questa raccolta poetica, giunta tra le mie mani in maniera inaspettata. Ed è grazie a questa prospettiva che Yuleisy può considerare “sorelle” le protagoniste delle sue liriche; è anche in funzione di ciò che a volte la rabbia supera la pietà; ed è anche per tutto quello che sta nel mezzo, ossia nella sintesi dell’esperienza, che la comprensione diventa la molla del riscatto.
“Di un’altra voce sarà la paura” è una raccolta che va letta con cura, lentezza e compenetrazione. Senza questo approccio il suo messaggio rischia di essere solo un pietoso richiamo a ciò che conosciamo. Evitare che ciò accada è anche un’opportunità che possiamo darci da lettori.
Terra che urli in un deserto/d’inferno, desolato/e pieno di buche; terra/che dopo l’inverno/vede ancora l’inverno/che ingloba le macerie/caduche; terra che un paese/in una pietraia annerita/ha inghiottito, macchiando le distese/di un’infanzia smarrita,/Terra di mormorii mentali, di semi/secchi, innaturali, di lettere/che spezzano le identità,/chiamate vuoto/-con i nomi del vuoto-/Terra di secoli di luna/spietata, di campi ondulati,/di suoni attutiti che segnano il tempo/illegibile, senza sogni/Terra con ombre oscure/in dissipazione di immagini/che corrono, dove l’anima è vacante/di spazio puro. Terra che assorbe/ogni lotta come uno scudo,/terra dove gli uomini non parlano/più agli altri uomini, terra dove/i bambini piangono in silenzio/con pianti azzittiti che popolano/l’aria, terra di fantasmi di suoni,/che scrivono «Stop alla morte»,/ma senza voce, non riescono a fermarla.