Un incontro velato
Articolo di Adriana Sabato
Ho incontrato una ragazza sulla metro. Era vestita di nero, no, era mascherata, no era nascosta, no era velata…sembrava una suora! Sembrava e non lo era. Era un corpo nascosto sotto al niqab. L’ho scoperto poi: prima non sapevo. Il niqab è un vestito nero che cela il mio corpo e tutto il mio essere donna. Orrore: gli occhi, due fessure, due spiragli, fenditure appena accennate. Donna? No, essere indefinito. Non si capisce se sei donna o ragazza o anziana. Non si vede un seno, non si vede il culo, non si vedono le cosce. Manco i capelli, si vedono. Che dico, manco le mani, cioè, non tutt’e due! La mano sinistra è coperta dal guanto nero e la destra lasciata libera, (strana parola, sembra quasi una bestemmia…) di manovrare i tasti del cellulare. Che stridore! Da una parte la tecnologia e dall’altra l’arretratezza, il medioevo, la schiavitù nella sua forma più odiosa.
Mi viene voglia di avvicinarmi e strappare via quel brutto drappo nero che la ricopre ssstrappp … via, via in un un attimo tutte le sciocchezze che riempiono la testa e confondono e costringono e con cui io, donna, vengo etichettata e segnata. Io sono donna, nullità totale e copro, un corpo che Iddio mi ha donato e che in nome suo debbo offendere, odiare e rifiutare. Ma quale Dio, io non sono religiosa e nemmeno praticante perché Dio non vuole che io mi copra. Nasco nuda come l’uomo e poi mi debbo coprire perché l’uomo non accetta nulla di me. Nemmeno il nutrimento che lo tiene in vita quando lo concepisco e lo tengo nel ventre. Ché solo per questo dovrebbe onorarmi. E invece mi umilia. Mi odia e mi dà pure fuoco se non obbedisco ai suoi comandi.
Io sono donna e me ne vanto. Sono donna e riesco a procreare. Sono donna e ne vado fiera. Ho le tette e ho le cosce e qui e in questo istante ho i jeans stretti stretti. E ho il seno ben evidenziato dalla maglietta che mi si stringe addosso: è così che avverto meno l’umido di certe giornate troppo piovose e tanto uggiose. Sono donna e quando faccio l’amore, godo esattamente come l’uomo, però a dirlo mi devo vergognare perché se lo dice un uomo è un “macho” e se lo dichiara una donna è “una di quelle”. Ma a me non importa proprio nulla e mi vesto come voglio e non ho gli occhi come strette fenditure, incorniciate in un pezzo di stoffa che sembra cucito addosso alla mia carne come avessero infibulato anche il mio viso.
E più ci penso e più non riesco a capire. Forse sarò tonta però so solo che oggi sento un freddo che mi congela l’anima, anche se, dopo la pioggia, è già riapparso il sole…