Travesti. Mircea Cărtărescu e l’origine di ogni decostruzione
Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Travesti” di Mircea Cărtărescu, Voland, edizione del 2016
Chi prende in mano un libro di Mircea Cărtărescu deve sapere che penetrerà in un mondo caotico, privo di regole, di forme, in cui i corpi e gli scenari si creano man mano che si attraversano le pagine.
Onirico e mondanità, psichedelia e mito, spiritualità e materialità si affrontano non per prevalere l’uno sull’altra, ma per trovare un’armoniosa convivenza. Pertanto, l’allucinazione, il miraggio, il sogno, il mondo con tutto ciò che accade o che resta lì, fissato in un’apparente immobilità, convivono senza problemi, unendosi e disfacendosi davanti agli occhi del protagonista.
Schizofrenia? No, percezione nel suo significato più ampio. Le opere di Cărtărescu si vivono, non si leggono solo, perché al lettore viene imposto di entrare in un universo che la scrittura ordina. E siccome ognuno di noi usa la logica come arma di difesa, in quanto la costruzione della realtà, con le sue regole e le sue categorie, non è altro che una vitale necessità, allora, ecco che i libri dello scrittore romeno contengono storie di sopravvivenza, lotte senza vinti e vincitori, scenari in cui ogni ricerca di senso è indispensabile, pur sapendo che mai si giungerà a una verità definitiva.
“Travesti” è un romanzo breve, anzi oserei dire un racconto, se paragonato alla trilogia “Abbacinante” o al mastodontico “Solenoide”. È anche il primo libro dello scrittore romeno arrivato in Italia, nel 2000, grazie alla casa editrice Voland e alla traduzione di Bruno Mazzoni.
In “Travesti” troviamo tutti gli argomenti che Cărtărescu svilupperà negli altri libri, ma tra queste pagine, la marcia in più è sicuramente la brevità che, se non per il sottoscritto, sta diventando fin troppo importante per i lettori italiani.
Pertanto, questo è di sicuro un romanzo utile per entrare in contatto con lo scrittore romeno ma, per onestà intellettuale, va detto che l’intensità della scrittura, la punteggiatura utilizzata, le lunghe descrizioni che creano quell’effetto di costante divenire, come se anche noi fossimo sostanza narrativa, sono caratteristiche che si incontrano anche nelle altre opere.
Detto in soldoni, già con questo romanzo sarà possibile capire se lo stile dello scrittore è adatto o meno ai propri gusti.
Cos’è Travesti?
Victor, lo scrittore che voleva diventare famoso, crea un ponte con l’evento traumatico che lo fece entrare nel mondo degli adulti a 17 anni, quando ancora era uno studente. A seppellire l’adolescenza del giovane scolaro fu una gita. Di tutto ciò lui scrive a 34 anni. Nel mezzo dell’avventura c’è anche un suo compagno, Lulu, a volte donna e a volte uomo; ci sono poi la sua dissociazione, la sua solitudine e una manciata di ricordi di dubbia provenienza.
Gettati questi semi, Cărtărescu crea un reticolo di mostri e di sensazioni che innesca quell’umana lotta quotidiana contro le chimere.
Ma è giusto dire che proprio questo mostro, frutto di elementi diversi, agglomerato di tante specie, è impossibile da distruggere. Della sua essenza nulla sappiamo. Conoscere la natura delle cose vuol dire dirigerle, anche se queste sono più forti di noi, ma davanti a una chimera si è comunque destinati a soccombere. Victor è quindi un eroe suicida? No, è un uomo, è reale, è un demiurgo che si autopunisce.
Lo stile di Cărtărescu è uno sguardo sulla cultura del Novecento e dell’Occidente. La parola viene evocata, in quanto crea all’istante, perciò sa essere lirica e violenta. Insomma, potremmo riassumere tutto così: lo scrittore romeno di sicuro non lascia indifferenti e se la sua prosa vi catturerà, svecchierà anche la vostra idea di lettura.