Tommaso Pincio. Panorama. L’oblio e la fabbrica culturale

Recensione di Martino Ciano già pubblicato per Suddiario
Ottavio Tondi è un lettore vorace, uno di quelli che si allontana dalla realtà per attraversarne un’altra, forse più comoda, perché costellata di finzioni interpretabili a piacimento. È l’ultimo intellettuale romantico prima che il mondo venga divorato dalla tecnologia, dalla vita virtuale dei social network. Sulla sua voracità crea un personaggio, addirittura uno spettacolo teatrale. Poi, tutto cambia.
Panorama è un luogo in cui ci si spia, si dialoga, ci si sveste, ci si trasfigura. Panorama è come il Panopticon di Jeremy Bentham, ossia una prigione costruita per educarsi, quindi conoscersi, ovvero sorvegliarsi. Qui, Tondi incontra Ligeia Tissot, forse una donna, forse una poetessa, semplicemente un’entità di cui ci si può innamorare, che si può immaginare, che può essere e non essere a seconda delle proprie voglie o tendenze.
Tommaso Pincio ha scritto un romanzo complesso. Scorre, perché la sua prosa è leggera, ma allo stesso tempo è complesso perché costringe a riflettere. Pertanto, ciò che costringe a riflettere è anche disturbante. Leggendolo, si comprende subito che quella descritta è la nostra epoca, ma l’autore ne parla al passato prossimo. Infatti, Ottavio Tondi è l’uomo che oltrepassa la realtà per entrare nella virtualità, la socialità per abbracciare il social network.
Prima di approdare a Panorama, ultima scappatoia da un mondo che ha ormai messo al bando la letteratura e i libri, Tondi era un personaggio pubblico ben inserito nella fabbrica culturale. Il suo giudizio era capace di dare vita o morte a un manoscritto, poteva rendere immenso un esordiente o trascinare nell’oblio un blasonato scrittore. Ma tutto ciò era soddisfacente e, soprattutto, era autentico?
Panorama non è altro che il tentativo di purificare la realtà attraverso la virtualità, ossia la separazione definitiva dello spirito dal corpo. È un social network che nasce con lo scopo di ritrovare il pensiero. Ma questa è solo una buona intenzione, come tutte le rivoluzioni umane che si nutrono di utopia, di speranza, di teoria dell’incanto. Il loro fallimento è già nelle premesse. Tondi non fa altro che scoprire questo, ovvero l’utopia non è realizzabile. Passa da un mondo di carta, lontano dalla realtà, a uno virtuale che si muove sulle stesse coordinate.
Si innamora di Ligeia Tissot proprio perché non la vede. Un po’ come la favola di Amore e Psiche. Lei è solo un simbolo da cercare in una stanza da letto vuota perennemente inquadrata.
Nel libro di Tommaso Pincio c’è una critica al mondo editoriale, alla fabbrica culturale, alla virtualità, alla pura disumanità che si manifesta attraverso l’indifferenza. Tondi è un nostalgico che cerca pur sapendo che non troverà. È un solitario che incarna la follia dei nostri tempi, ovvero credere nella vita là dove nulla è più vivo. In alcuni punti, Panorama sembra una fiaba a cui il lettore può dare un lieto fine.
Ma possiamo ancora sperare nel lieto fine?