Solo con sé stesso: un orsetto e i suoi pensieri

Solo con sé stesso: un orsetto e i suoi pensieri

Recensione di Filomena Gagliardi. In copertina: “Solo con sé stesso” di Geoffry Hayes, 1976 prima edizione originaria da Edite Kroll Literary Agency Inc, traduzione cura di Orecchio Acerbo 2025

A volte capita a tutti di sentire il bisogno di staccare la spina da ogni cosa, di lasciare il mondo fuori e di rimanere soli con se stessi. Anche un orsetto talora deve prendere la propria strada, un viottolo segreto e stare al passo con i propri pensieri e al ritmo del proprio canto. Può anche fermarsi, sedersi e ascoltare il silenzio, o respirare il profumo della pioggia, parlare con il fiume.

Nel corso di tali momenti vengono abbandonate le solite categorie spazio-temporali: si può passare da una casa ad un bosco e viceversa: come ci ha già insegnato il poeta Petrarca nella lirica Solo et pensoso per i deserti campi, quando ci allontaniamo da tutti, in realtà non siamo soli, ma siamo con la Natura, la nostra migliore interlocutrice.

Nella Natura subentra la Poesia, in quanto al nostro orsetto “piace guardare il vento che soffia tra le cime degli alberi”: così ha creato una sinestesia, perché di solito il vento lo si sente, ma lui lo vede. In un giorno così, in un momento like this è concesso perfino il lusso di “non fare assolutamente nulla”, restando a contemplare le nubi, l’orizzonte, o proprio il niente che il lettore non vede. Orsetto si sdraia, il sole lo scalda e lui “ricorda” per contrasto “le scure mattine nebbiose”.

Anche Ungaretti, dopo essersi “chinato a ricevere/il sole” ha “ripassato/le epoche” della propria esistenza, come apprendiamo nella lirica I fiumi, del 16 agosto 1916. Ecco allora l’analogia fra calore e ricordo, fra caldo e freddo, fra fuori e dentro: perché l’immaginazione da otium tutto può.

A differenza di Petrarca, che viene trovato da quello stalker di Amore e alla fine non può che mettersi a dialogare con lui, Orsetto è un po’ più furbo in quanto “ha un posto segreto dove nessun segreto può trovarlo”…un sottoscala, forse, chissà.

Ma anche lui ama, come tutti noi, osservare le vetrine dei negozi a fine giornata, tornare a casa e ripararsi tra i libri, una coperta, un sonno e tanti sogni.

Come sosteneva l’autore e illustratore di “Solo con sé stesso”, lo statunitense Geoffrey Hayes (1947-2017), “non si tratta di una vera storia, ma piuttosto di un susseguirsi, un espandersi di istanti. E in questi frammenti illustrati, c’è un orsetto a testa alta e passo lieve, che si lascia attraversare dalle sensazioni donate dalla natura e che si abbandona alle proprie riflessioni”.

I disegni, delicati e realizzati con colori pastello, minimali e richiamanti o il verde degli alberi o il grigio della matita o il marrone degli interni domestici, o il bianco del cielo o del niente che sta facendo Orsetto, commentano benissimo le parole del testo: infatti Hayes realizzò sia la storia che le illustrazione della stessa per il suo Bear by Himself che vide la luce grazie ad Edite Kroll per i tipi di Harper e Row nel 1976.

Nel gennaio di quest’anno l’ottima casa editrice Orecchio Acerbo ne ha curato la traduzione italiana.

Ho acquistato questo albo appena l’ho visto, essendomene innamorata, ma per una serie di motivi tecnici mi è arrivato solo in settimana. Pur avendo dei giorni pieni di impegni, ho fatto come Orsetto: sono stata sola con me stessa per leggerlo e per scriverne la presente breve nota.

In questa serata ormai di fine inverno, ma fredda, dopo essere rientrata dalla presentazione di un libro, e dopo aver rivisto alcune cose per le lezioni per domani, ho lasciato il mondo fuori, preferito una semplice tazza di tè ad un godereccio aperitivo e mi sono seduta a scrivere tali riflessioni, perché volevo stare sola con me stessa, la mia copertina e il mio orsetto.

Risultato? Mi sento molto meglio, nonostante prima avvertissi dei sintomi influenzali. E ora anche io posso, come il mio amico, andare a nanna. Perché a volte è decisamente meglio fare così: chiudere tutto e non pensarci.

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