Radici con le ali. Alessia Antonucci e il racconto del silenzioso riscatto calabrese

Radici con le ali. Alessia Antonucci e il racconto del silenzioso riscatto calabrese

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Radici con le ali” di Alessia Antonucci, Le Pecore Nere, 2024

Alessia Antonucci è sempre stata una giornalista scrupolosa con la mania per “le storie che profumano di riscatto”. Chi ogni giorno si cimenta con la cronaca, può dimenticare che ci sia anche qualcosa di affascinante nella realtà che lo circonda. Per non cadere in questo vortice disfattista, Alessia ha fatto delle “vicende cariche di bellezza” il suo antistress.

Non è difficile parlare del libro di un’amica che si stima per le proprie doti umane e intellettuali e non perché “è conveniente”; soprattutto se si conoscono i precedenti che hanno portato alla realizzazione di “Radici con le ali”, in quanto è il risultato di un progetto che nasce da una genuinità di intenti che è difficile trovare di questi tempi.

Infatti, l’inizio di questo racconto della Calabria che sopravvive, che ce la fa perché si impegna senza pretendere nulla in cambio, risale al 2019, quando nasce il suo blog “Ottenove”. Una scommessa su un match difficile, per due motivi: tanti lo avevano già fatto; tanti altri avevano cercato, attraverso operazioni del genere, un comodo ritorno di immagine personale.

Alessia ha cominciato da posizioni opposte: intervistare coloro che erano sempre rimasti ai margini, nel silenzio, pur avendo ricevuto riconoscimenti da tutto il mondo; restare libera e indipendente, facendo della bellezza un racconto da donare agli altri, e senza porsi a capo di fantasiosi movimenti di emancipazione. Ciò le ha imposto di restare sempre dietro e al servizio della notizia, come dovrebbero fare i giornalisti.

Insomma, Alessia è partita dalla volontà di portare alla luce ciò che prima non si conosceva o che stava stipato negli anfratti più reconditi della Calabria. Grazie a lei, sul Tirreno cosentino abbiamo potuto conoscere il progetto di Antonino Perrotta, con la rivalutazione dell’arte dei murales; quello di Alessandra Sarubbo di Praia a Mare, che ha lasciato un lavoro sicuro per dare avvio alla sua linea di prodotti di bellezza biologici; o la storia di un’altra praiese, Claudia Giannini, che da autodidatta ha iniziato a cucire e a produrre le sue borse, che ora vende in tutto il mondo.

Sia ben chiaro, questo libro è pieno di storie provenienti dalle cinque province calabresi. Tutto reale, tutto abita in mezzo a noi, anche se sembra difficile da credere. Purtroppo, ciò che traspare è che i protagonisti non siano “profeti in patria”, ma solo testimoni di un cambiamento silenzioso che la Calabria sta attuando da tempo. Tra queste pagine ci sono le voci di artigiani, artisti, agricoltori, giovani che saggiata la City e le sue promettenti “grazie”, hanno preferito ritornare nella Calabria sgarrupata ma sempre accogliente.

Alessia Antonucci raccoglie in questo libro storie di una regione che cambia e che si evolve. Forse, andrebbe ribadito ogni giorno che questa è la terra delle opportunità, seppur sbeffeggiata dai soliti arrivisti e da una politica che ha sempre intrapreso azioni divisive piuttosto che aggreganti.

Qui parliamo di persone che coltivano la propria arte lontano dal clamore, per questo appaiono come “profeti scacciati”; ma a ben vedere, ad ammaliare il lettore sarà proprio il fascino del silenzio che ammanta tali storie. Forse, anche Alessia finirà nel girone degli “inascoltati”, ma è pur vero che bisogna confidare nella bontà del fato, come fa intendere nella sua prefazione la giornalista Rosalba Baldino.

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