Canetti nel labirinto di Kafka
Recensione di Nicola Vacca. In copertina: “Processi su Franz Kafka” di Elias Canetti, Adelphi, 2024
«Probabilmente Kafka è l’unico scrittore di quest’epoca che io stimi»; «L’ipnosi di questo secolo si chiama Kafka. È la vera ipnosi e ne esistono anche di false, che non nomino, perché ne abbiamo già sentito ripetere il nome fino allo sfinimento. Ma l’ipnosi di Kafka, che è quella vera, è molto ostinata. In me non si è ancora affievolita. Solo di tanto in tanto avverto che potrebbe affievolirsi».
Queste parole le ha scritte Elias Canetti che a Kafka ha dedicato una parte rilevante delle sue riflessioni, che adesso possiamo finalmente leggere nella loro interezza.
Da Adelphi esce Processi su Franz Kafka, un volume che raccoglie lavori preparatori (molti dei quali inediti) e altri saggi in cui Canetti esterna tutto il suo grande amore per lo scrittore praghese, che lui considerava un genio e davanti a lui qualsiasi scrittore è modesto.
In questo libro troveremo non solo gli scritti pubblicati in vita da Canetti, ma anche una consistente mole di appunti che ci consentiranno di entrare nell’universo complesso dell’autore de Il Processo.
Canetti ricorre al pensiero del frammento e prende appunti su Kafka, ci mostra tutte le metamorfosi assurde della sua scrittura e soprattutto della sua esistenza.
La tesi centrale su cui si basa il saggio è che il fidanzamento di Kafka con Felice è diventato l’arresto di Josef K. nel primo capitolo del Processo, così come la rottura del fidanzamento a Berlino diventa l’esecuzione di Joseph K.
Canetti scrive che le opere di Kafka sono simili a planimetrie e a copie cianografiche, ma non di case e fabbricati, e nemmeno di battaglie, sono planimetrie di eventi individuali e ignoti.
Kafka è Josef K. nel Processo e K. nel Castello: K., l’iniziale del nome del suo protagonista, è quella dello stesso Kafka.
Non si può non interpretare l’opera di Franz Kafka senza prendere in considerazione la sua biografia.
«Il processo – scrive Elias Canetti – mediante il quale Kafka si distingue dagli altri, è il processo del dubitare. Questo è il suo modo di esperire il mondo; nella dolorosa storia del suo fidanzamento, che si trascina per cinque anni, egli spinge talmente avanti questo processo sino a farlo diventare quasi la sua sostanza artistica».
Nei quaderni di appunti Canetti dialoga con Kafka che chiama il terribile partner e, subendo il fascino dell’ipnosi, entra nel labirinto Kafka, scrittore che è stato sempre presente nella sua vita per la sua grandezza e che è riuscito a dire di un’epoca e del mondo intero, tutto ciò che doveva essere detto.
Franz Kafka il veggente di un secolo, ma anche il profeta del nostro tempo e del futuro, il testimone oculare delle nostre devastanti metamorfosi.
«Dopo Kafka nessuno avrà il diritto di lamentarsi». Kafka per Canetti era una maledizione anticipata del secolo, un genio che nelle sue metamorfosi tendeva al piccolo fino a svanire, lasciandoci sul campo della vita la grandezza indiscussa della sua arte, l’unica che è capace di entrare nelle inquietudini e negli abissi del mondo.