Spazi poetici. Alla scoperta di Marco Cavallero

Poesie di Marco Cavallero.

Tre poesie di Marco Cavallero. Solitudo canta non solo di una condizione umana, ma anche di una inevitabile declinazione della poesia. Rimpianto, perdono e pentimento sono i temi di Anime Azzurre, e dei poeti insonni. Castadiva è un omaggio orfico alla memoria struggente di Maria Callas.
Buona lettura!

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Solitudo

Avere un cuore per la solitudine
Vuol dire avere animo
Per il vero amore

Quando, nella città vestita di nebbia,
Ho incontrato lampioni
Immersi nel silenzio notturno
Ho sofferto per il loro essere soli
Luce di se stessi
Nell’ora che vibra prima dell’alba
Incuranti dell’istante
Che li renderà muti.

Un tempo, nella mia stanzetta,
Indicibile bruciava dentro quel vuoto
Che nessuna musica poteva lenire

Ma il tempo, ladro gentiluomo,
Mi ha rubato i giorni e gli anni
E tuttavia, pietoso, mi ha donato
La verità incognita, che sola ti sfregia
Della più profonda solitudine

Così, ho sofferto la poesia
E per renderne vive le parole
Le ho tatuate nel mio cuore.

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Anime azzurre

Quando i versi si scrivono da soli
Non hanno nome
A loro non serve
Perché sanno chi sono

I ragazzi dell’estate
Abbracciano i loro nomi
Come affermazioni
Dell’indicibile
Ed è un’illusione
Che li guida gli uni agli altri
Imperterriti
Si amano per l’eternità
Che sfiorisce in una rosa

Spesso una terra remota alla memoria
Ho incontrato, estranea e straniera
Ed ogni volta gli stessi passi
Mi hanno condotto
Agli stessi volti
Sconosciuti e ignoti

Così ho invocato la notte
Luogo dell’anima
Terra di sogni

Ma lei non viene
Oltre la finestra
Prigione di luna e di stelle
Una diva in dismissione
Regala agli insonni
Gli ultimi doni della vita
Il rimorso il rimpianto
Il perdono
Il pentimento

E quando del nome
Hai perso il ricordo
I versi si scrivono da soli
Perché sanno chi sono

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Castadiva

Da quale abisso sorgi
Malcontenta sorella notturna
E transiti di sogno in sogno
Insoddisfatta e trepida
D’attesa e disincanto
Alla voce di colei
Che ti cantò Immortale

Piangi.

Lacrime di luce
Serpeggiano la strada
Per estinguersi
nell’esalazione argentea dei gelsomini
Che fremono, oltre l’oscurità
E per morire, ingrate,
Fra le mille scintille del mare.

Dove si cela il tuo sguardo,
Dove lo hai perso
Se anche fra brume e caligini
Che ottundono sensi e desideri
L’ombra di un riverbero
Evoca e invoca
L’amata Immortale
E tu l’attraversi
Mille volte invano
Senza altro esito
Che rinnovata perdita.

Ah se anche potessi
Pallida luna errante
Quale Orfeo celeste trarla dall’Ade
Non la tua luce ma la voce sua
Compirebbe il mirabile Incanto

Per tornare a lasciarci eppure
Soli e abbandonati

Al presagio del mattino

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