Plurale: una stagione, mille voci

Plurale: una stagione, mille voci

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Plurale” di Angela Torri, Robin edizioni, 2024

Forse gli anni Ottanta del Novecento hanno rappresentato l’ultimo momento di speranza, di “ottimismo”, di rinnovamento dei linguaggi? Saranno questi i motivi che rendono quell’epoca ancora degna delle nostre attenzioni? Può darsi, ma è anche vero che da lì proviene quel flusso culturale che, in un modo o nell’altro, ci ha resi impreparati di fronte alle sfide di questi anni.

Sia ben chiaro, “Plurale” di Angela Torri è un romanzo che non si lancia in analisi sociologiche, ma mostra, forse perché scritto da una testimone diretta, quali rivoluzioni culturali si sono innescate, quanti canoni di pensiero si sono sviluppati, cosa è andato bene e cosa è andato storto.

Il romanzo inizia con un viaggio in Grecia. Le protagoniste sono Nina e Matilde. La prima impacciata, legata ancora a un comportamento non al passo con i tempi; la seconda più disinibita, più propensa a seguire i cambiamenti e a farsi travolgere dalle promesse di un vitalismo strafottente.

L’incontro con Jakob, misterioso artista svizzero, è un altro snodo importante del romanzo; in lui sono racchiusi i dubbi di quella generazione, il malcontento velato dai sorrisi, la sensazione di trovarsi in un mondo che nonostante le opportunità e le promesse di eterna felicità è invece ostile, competitivo e a caccia di individui performanti.

“Plurale” è schietto, è grigio perché mischia sapientemente bianco e nero. Non è nostalgico, non è un racconto che pretende di diventare un mezzo di paragone. Questo è solo un romanzo che mette in collegamento il passato con i nostri giorni. Chi sa rivolgere gli occhi a quegli anni, senza farsi prendere dai rigurgiti malinconici, sa bene che quel periodo fu scosso da tanti stravolgimenti sociali mascherati da un benessere compulsivo che diede i natali all’attuale società, composta da consumatori di beni e di emozioni.

Oggi infatti si rimpiange quel benessere materiale, palpabile, perché con le recenti crisi occupazionali e demografiche tutto è stato sostituito da una ricchezza apparente, tracotante, che si materializza sui social, che si ferma al “desiderio”, che si spaccia come qualcosa alla portata di chiunque. Ed è questa costante e aggressiva pulsione di “ricerca della felicità” che rende ciascuno di noi dei Peter Pan frustrati.

Torri ci mostra questi passaggi, ce li fa toccare con mano. “Plurale” è un breve romanzo di formazione che non ha paura di mostrarsi con sfacciataggine. Nel suo linguaggio espressivo, duro, come scrive nella sua prefazione Ivano Ciminari, l’autrice mette in evidenza come nessuna epoca e nessun miglioramento, vero o presunto, hanno saputo rispondere alla prima grande domanda che l’uomo ha posto a sé stesso: “qual è il senso della vita?”.

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