Irène Némirovsky. David Golder e la banalità del capitalismo

Irène Némirovsky. David Golder e la banalità del capitalismo

Articolo di Martino Ciano

Fu pubblicato nel 1929, quando il mondo conobbe per la prima volta quanto fallace fosse il capitalismo, ma nulla abbiamo imparato. Un’epoca finisce, un’altra inizia; tra l’una e l’altra ci sono gli uomini con i loro pregi e i loro difetti e tra questi ne troviamo qualcuno come David Golder, magnate di 68 anni, cinico, affarista, capace di portare al suicidio i suoi amici pur di appropriarsi delle loro ricchezze. Nulla lo ferma, neanche la malattia, neppure quella angina pectoris che piomba nella sua vita, che gli dà un po’ di tempo per redimersi, nonostante lui diventi ancora più famelico.

Ma lui sa che dovrà morire. Nonostante i suoi soldi, è consapevole del fatto che poi, si crepa. Eppure, se ne frega e continua a fregarsene anche quando scopre che tutta la sua vita è stata una farsa. David Golder, nato povero, brutto di aspetto, rozzo, cinico, nonostante sia stato capace di diventare ricco, non si arresta nemmeno dopo aver appreso che Joyce non è sua figlia, ma è nata dalla relazione clandestina che, da sempre, sua moglie Gloria intrattiene con un altro uomo.

Golder sa che le uniche dimostrazioni di affetto che ha ricevuto da queste due donne sono i telegrammi con cui richiedono dei soldi. E anche quando si ammala, madre e figlia supplicano i dottori di non tenere lontano dagli affari quest’uomo senza scrupoli, perché anche loro dovrebbero abbandonare la loro vita lussuosa. E Golder anche decide di continuare nelle sue attività, ma non per spirito di sacrificio, ma per ricattare meglio le due donne. In fondo, David è un egocentrico. Dopo di lui il nulla, dopo la sua morte la polvere dovrà seppellire ogni cosa.

Ma c’è qualcosa di buono in Golder?

Sì, il suo cinismo. David è semplicemente un uomo che ha accettato le regole del gioco del capitalismo. Per lui, la ricchezza è solo un’arma di riscatto. Non dimentica di essere nato in un villaggio, di essere cresciuto nella miseria, di essere fuggito dalla povertà e di essere rimasto sempre un bambino indifeso. E quasi commuove quest’uomo che a un certo punto si riconosce malvagio, che a modo suo cerca la redenzione. Ma per redimersi c’è bisogno di un profondo pentimento e lui non lo fa, perché, dopotutto, ha solo reagito con crudeltà alla realtà. David, insomma, ammette di essere stato cattivo, ma solo perché spinto dalla necessità.

Némirovsky, nata a Kiev, di origine ebraica e morta nel 1942 ad Auschwitz, ha saputo descrivere con pienezza il variegato mondo di inizio Novecento, che sarà sempre ricordato come il secolo delle grandi speranze e delle grandi tragedie, del progresso e della disumanizzazione, del vitalismo e dell’annientamento. E anche in Golder ci sono sentimenti contrastanti, perché nonostante la sua fame di soldi, lui odia il denaro. E per quanto odierà il denaro, così disprezzerà gli uomini senza cuore, come sua moglie e la sua presunta figlia… fino a odiare se stesso, salvando solo quel sé-bambino che voleva vivere nel suo villaggio, tra la sua gente, con le sue tradizioni e con la pace nel cuore.

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