Partitura per cinque minuti

Partitura per cinque minuti

Racconto e foto di Daniela Grandinetti

Cinque minuti.

La chiave è in tasca. Apre la porta ed entra. Ha lasciato la finestra del soggiorno aperta, le tende svolazzano, si gonfiano d’aria come fantasmi danzanti. Non la chiude. Lascia che l’aria entri, si bagna di vento leggero.

In un cono di luce tra le imposte e il pavimento brilla un pulviscolo iridescente.

Sorride.

Quattro minuti.

Vaga per l’appartamento a piedi scalzi. Si guarda intorno alla ricerca del particolare che riveli l’assenza.

Sorride.

È il disordine.

Comincia a danzare tra la poltrona e la sedia, si accorge che la borsa è rimasta appesa, proprio là dove l’ha lasciata.

Sorride.

Danza senza fermarsi. Scivola sul pavimento tiepido. La finestra lascia entrare i riverberi di una bella giornata. È primavera. Si abbraccia, si accarezza le spalle mentre i suoi piedi si muovono rapidi.

Quanto le piaceva alzarsi al mattino e spalancare quella finestra nella bella stagione.

Sorride.

Danza.

Tre minuti.

Va in camera, il letto è sfatto. Il cuscino, adagiato sul suo lato del letto non ha neanche una piega. È rimasto ad attendere il sonno di una notte.

Sorride.

Danza.

Uno. Due. Tre.

Più lento.

Uno. Due. Tre.

Poi, rapidamente, un passo avanti e uno indietro. I fianchi disegnano un movimento rotondo, mentre i piedi segnano il passo. Uno avanti e uno indietro.

Ha mai ballato così? Non se lo ricorda. Adesso è naturale. Perfettamente naturale.

Sorride.

Danza.

Due minuti.

La cucina. Vuol vedere la cucina. Danza intorno al tavolo. Una. Due. Tre volte. Sul ripiano c’è una gran quantità di oggetti: bollette tazze vuote di caffè con i fondi (solo a saperli leggere, chissà cosa le avrebbero rivelato) un cucchiaio abbandonato una rivista aperta un calendario fermo al mese precedente un libro chiuso foto in bianco e nero sparse ovunque fogli bianchi con appunti illeggibili una piuma d’uccello un fiore secco una pigna d’abete avanzi di cibo in un piatto un bicchiere una bottiglia di plastica vuota della sua acqua due cioccolatini una lattina un santino l’agenda aperta due penne una nera e una rossa un pennarello nero gomme da masticare.

Danza intorno al tavolo, e ancora. Sempre più leggera. Accarezza gli oggetti.

Sorride.

Danza.

Dio, che meraviglia quel disordine vivo! È così che vive adesso?

Un minuto.

Accarezza gli scaffali, apre i cassetti, uno dopo l’altro. Apre. Chiude. Apre. Chiude. Cosa manca?

Sorride.

Tocca.

Danza.

Cinquanta secondi.

Torna nel soggiorno, si avvolge nella tenda e ci volteggia dentro. Il sole la colpisce in petto. Peccato non poter esplodere.

Trenta secondi.

Posa un bacio sulla foto in cui sono insieme a guardare un orizzonte sparito.

Sorride.

Danza.

Venti secondi.

Ancora danza.

Volteggia nell’ingresso. I piedi scalzi. Non portava scarpe quando era arrivata.

Guarda la mensola.

Sorride.

Dieci secondi.

Posa la sua chiave nel piatto d’argento, là dove era solita lasciarla.

Sorride.

L’avrebbe notata?

Smette di danzare.

Cinque secondi.

Riapre la porta. Si volta un’ultima volta a guardare di nuovo l’appartamento.

La luce. La luce.

Ricordati la luce.

“Vivi”. Sussurra.

Chiude la porta.

Sorride.

Un secondo.

Sparisce.

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