Nicola Vacca, Lettere a Cioran, Galaad
Recensione a cura di Martino Ciano – già pubblicata su Gli amanti dei libri
Non provate a inserirlo in una scuola filosofica; non affibbiategli frettolosamente la comoda etichetta di intellettuale. Cioran non rientra in alcuna categoria. Lui è sempre stato un contraddittorio; un amante del frammento, dell’aforisma, dell’intuizione che sgorga dalla lucida visione della realtà.
Ce lo ricorda Nicola Vacca, che di Cioran ama ogni parola e ogni virgola. Ce lo spiega in questo libro, nel quale trovano spazio sia il suo amore personale per questo autore, che scoprì per puro caso nel 1981; sia un attento studio dell’opera del pensatore romeno, che amava definirsi apolide.
Cioran ha indagato ogni aspetto dell’animo umano; ha saputo leggere come pochi l’ansia del secolo scorso. Ha spazzato via ogni ideale e ogni utopia per bere il sacro nettare dello scetticismo.
Per lui, dubitare e negare sono le uniche azioni che rendono l’uomo libero. Nonostante sia stato definito nichilista e cinico, il pensatore romeno era amante della conoscenza e attribuiva alla ricerca il senso della vita. Ma può esistere ricerca senza dubbio? No, perché la certezza è sempre sinonimo di apatia, di noia, di gaia immobilità.
Nicola Vacca spiega proprio questi aspetti di Cioran e li rievoca in ogni pagina del suo libro. Chi vuol fare di questo pensatore un pessimista, non rende giustizia alle sue opere. Certamente, Cioran non ama la favola nella quale l’umanità viene costantemente trascinata; e tutta la sua opera squarcia il velo dell’incanto che gli uomini continuano a porre sulla realtà. Di sicuro, Cioran non è uno scrittore semplice e alla portata di tutti, perché le sue parole non salvano l’individuo, le convenzioni sociali e quella metafisica della felicità post-morte che ha relegato l’umanità a una condizione di sopravvivenza. E sebbene queste possano apparire peculiarità di un pensiero nichilista o cinico, beh, lasciatemi dire che questi aspetti rendono Cioran unico e lontano da ogni scuola di pensiero.
La bellezza del libro di Vacca sta proprio in questo: porre l’accento sul pensiero di Cioran, sull’essenza delle sue parole. Lo scrittore e poeta pugliese scruta e studia l’opera del pensatore romeno dal 1981. Quello di Vacca, infatti, è stato un colpo di fulmine che lo ha legato a questo apolide metafisico fino ad oggi.
Pertanto, Lettere a Cioran è un tributo scritto con tono confidenziale, che esce dai canoni ermeneutici, per abbracciare quelli più colloquiali. Cioran, infatti, non va spiegato, ma letto e assimilato; è così semplice nelle sue esposizioni, anche in quelle più estreme, che non c’è bisogno di ulteriori approfondimenti. Ciò che Cioran scrive, sgorga dal suo abisso, da quelle quotidiane perplessità con cui tutti noi facciamo i conti. A lui va riconosciuto il coraggio di aver saputo mettere nero su bianco ogni cosa.
A Nicola Vacca, invece, va di sicuro il merito di aver saputo scrivere un’opera che parla con amore e con lucidità di uno dei massimi pensatori del novecento. Il libro dello scrittore e poeta pugliese saprà chiarire ai lettori anche gli aspetti più controversi dell’opera di Cioran; e, cosa più importante, tra queste righe non c’è aria di intellettualismo, ma umile spirito divulgativo, perché prima di scrivere di Cioran, bisogna apprezzarlo e respirarlo. Proprio per questo motivo, Vacca inizia questo libro raccontando della sua visita alla tomba del pesatore romeno, sita al cimitero Montparnasse di Parigi, avvenuta il 28 novembre 2014.