Liturgia del disprezzo. Volodine e l’allegoria di un presunto presente

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Liturgia del disprezzo” di Antoine Volodine, traduzione di Anna D’Elia, 66thand2nd
“Liturgia del disprezzo” racconta di un lungo interrogatorio che il protagonista intraprende prima di tutto con sé stesso. Chiuso in uno scantinato, davanti a un temibile inquisitore che lo accusa di spionaggio, egli scende tra i suoi ricordi, tra le sue sembianze multiformi, in ciò che ha messo radici nelle profondità dell’anima.
Sospeso tra fantascienza e onirico, Antoine Volodine ci trasporta in un’epoca post-apocalittica, su un pianeta Terra abitato da creature aliene che combattono tra loro. Tra sciamanesimo, realismo magico e tecnocrazia ogni cosa si ricolloca all’interno di un nuovo ordine. Dapprima, un romanzo del genere spiazza e confonde, ma per poco. Infatti, lo scrittore francese ci metterà una bussola in mano e ci lascerà esplorare in pace i luoghi, con lo scopo di ammaliarci.
“Liturgia del disprezzo” fu pubblicato nel 1987, da poco è arrivato in Italia. Man mano che ci addentreremo in questa crudele storia, riconosceremo qualcosa del nostro mondo, una serie di riti che ci appartengono e che sono parte della nostra specie. Capiremo che qui la fantascienza serve solo per costruire una allegoria; senza saperlo ci ritroveremo a essere “post-esotici”.
Ma cos’è il post-esotismo? Non è un genere, ma qualcosa che supera ogni corrente. Volodine lo ha pensato, lo ha architettato e lo ha camuffato tra le categorie del pensiero. Lui scrive dai margini, guidato da uno spirito anarcoide. In epoca Covid-19 lessi il suo “Il post-esotismo in dieci lezioni, lezione undicesima”; fu il mio primo approccio con i suoi libri, poi, pian piano, arrivai ai romanzi, ma so che il meglio deve ancora venire.
“Liturgia del disprezzo” non rientra in questo filone, precede ma non per questo è meno interessante, visto e considerato che qui “incomincia a prendere vita il fuoco rimasto sotto le ceneri”. E allora, questi mutanti suddivisi in tribù ed etnie in perenne guerra, in continua lotta per la conquista di un pianeta allo sbando, custodi di contraddizioni, incapaci di saper riconoscere cosa sia davvero giusto da cosa sia irrevocabilmente sbagliato, somigliano a noi in tutto e per tutto.
Sono anche loro creature in cerca di redenzione, spaesate davanti a una vita colma di insensatezza. Come noi, pure loro non sanno perché esistono e si chiedono quale sia il principio e quale la fine. Non v’è né scopo né tema tra queste pagine, solo una catastrofe individuale e mondiale che sa di “eterno ritorno”.
Insomma, leggere Volodine è attraversare fisicamente e metafisicamente uno dei tanti mondi possibili. “Liturgia del disprezzo” apre per me un balletto tra le opere dello scrittore francese, spero che inciti la stessa reazione in voi.