La principessa di papà

Racconto di Wanda Lamonica. In copertina una foto di Sonya De Biase
La figlia della signora Di Pace si è laureata ieri.
Io l’ho vista crescere, Elisabetta. Mi sorrideva, paffuta e gioiosa, dal suo passeggino. Poi, da un triciclo mezzo rotto. Da ragazzina mi salutava in sella alla sua bicicletta rosa con la bambola Marilù sempre infilata nel cestino. Era già diventata una giovane donna quando, di ritorno dal liceo, l’autobus la lasciava a pochi passi dal condominio e lei mi faceva ciao con la mano.
Betta era una bambina allegra, vivace, chiacchierona. Faceva persino a botte con i maschi pur di difendere le sue amiche. Salvava le lucertole dalle trappole. Piantava semi di fiorellini nelle aiuole del giardino e pretendeva che sbocciassero il giorno dopo. A Natale suonava al citofono di tutti i condòmini per fare gli auguri: “Sono Betta”, diceva. E faceva un inchino, come se dall’altra parte potessero vederla. “Oggi è Natale, per grandi e piccini. Auguri dorati a tutti i vicini!”, recitava a voce alta.
20 condòmini, 20 inchini, 20 filastrocche. E se qualcuno non fosse stato in casa, lei procedeva lo stesso. “Perché l’augurio va fatto in ogni caso”, diceva. A 9 anni, a Carnevale, si vestì da fata turchina e bussò ad ogni porta del palazzo per mostrarsi in tutta la sua bellezza. Quando venne da me, entrò in casa e si mise a giocare con il gatto Pippo, così come faceva tutte le volte che veniva a fare merenda. Io le riempii un sacchetto di caramelle e cioccolatini.
Lei si sedette sul divano avendo cura di non stropicciare il vestitino. Appoggiò le mani sulle gambe, con eleganza . “Sono la Principessa di papà, io”.
“Oh”, risposi mettendo le dita sulla bocca, “che cosa meravigliosa!”
“Quando sarò più grande il mio papà mi porterà nel deserto. Così potrò piantare alberi e fiori anche lì”, aggiunse orgogliosa.
“È un progetto bellissimo”, dissi con dolcezza.
“Ti svelo un segreto, Maria. Sai perché non sono mai triste?”, mi chiese muovendo piano le labbra, lucide di rossetto.
“Perché, piccola mia?”.
“Perché papà dice che sono bellissima quando sorrido. Ed ogni mio sorriso è una carezza al suo cuore”.
Ricordo che rimasi impietrita da tanta tenerezza. La abbracciai forte, piangendo un po’. Poi lei se ne andò felice, col suo ricco bottino tra le mani.
“I dolcetti fanno ingrassare anche la felicità!”, gridò, saltellando sul pianerottolo. Qualche anno fa, il papà di Betta è volato tra gli angeli.
“Maria, un infarto me lo ha portato via”, mi disse mentre la stringevo forte, dopo il funerale del padre. I suoi occhi erano pieni di tristezza.
“Ero la sua principessa. Non sarò mai felice, non sarò mai più bella. I deserti non avranno nemmeno un nostro fiore . Forse non ho sorriso abbastanza e le mie carezze non sono arrivate in tempo al suo povero cuore…”
Le sue parole, apparentemente sconnesse, uscivano dalla sua bocca con un senso preciso che soltanto io avrei potuto decifrare. Soffriva terribilmente. Ma io sapevo che col tempo avrebbe trovato in se stessa la forza per ricominciare, recuperando tutti i semi buoni da cui rifiorire. Oggi, 3 marzo 2019, citofono alla famiglia Di Pace.
“Sono Maria. È un giorno speciale. La mia Betta si è laureata, auguri di cuore! ”. Aspetto qualche minuto. Poi ecco il rumore dei passi veloci di Betta che corre verso di me. Ha le pantofole di peluche con le orecchie, le lacrime agli occhi. Sorride…
“Sei bellissima, Elisabetta mia ”, le dico. Lei mi mette in mano cinque confetti rossi avvolti in un velo trasparente. Poi guarda in alto e manda un bacio al Cielo. Fa il suo miglior inchino, la principessa di Papà.