Poesia della specializzazione. Una lirica disumanizzante
Articolo e foto di Martino Ciano
Quanto valore intorno all’arte della specializzazione, saper tutto di una sola cosa dopo averla estrapolata dal resto, dal suo habitat e dal corpo. Questa cosa che ha vita propria, che sta lì come un oggetto creato ad hoc, che quasi si è fatto da solo, dal nulla, per volontà propria; insomma tutto ciò sa di dramma. È come se la mano potesse funzionare lo stesso senza il braccio, o una gamba senza il resto del corpo. Sembra una sorta di amputazione continua che la tecnica impone ai corpi, come se lei avesse orrore del tutto, della continuità e della contingenza.
Ed è bello anche questo gioco linguistico in cui lo specialista è un tecnico a tutti gli effetti, un ingegnere, o perché no, un geometra che può misurare, collocare e disporre di ciò che conosce secondo le proprie esigenze.
Li vedo agire così questi medici che ti fanno controllare da altri mille specialisti, che a loro volta si sono confrontati con altri specialisti, per giungere poi alla diagnosi quando sei ormai quasi spacciato. E loro ti comunicano tutto senza far trapelare dei sentimenti, mettendo da parte il cosiddetto lato umano, perché non si addice, ché tu sei una cosa in mezzo ad altre cose e se vuoi piangere delle tue disgrazie ci sono i preti. E anche i preti sono diventati “tecnici dello spirito e delle cose di Dio”. Loro hanno una risposta teologicamente corretta per ogni cosa, ché tanto tutta una questione di concetti è. La fede anche è credere profondamente in qualche cavillo messo lì, a fare la guardia a un problema irrisolvibile. Dio è una cosa seria, anche con il suo ordine che è il disordine che noi non accettiamo, così mi rispose un prete che forse aveva letto troppo Hegel.
La totalità non deve più esistere, anzi guai accennarla, perché essa è così immensa che mette in mostra la nostra limitatezza; e perché mai un uomo deve dimostrare così sfacciatamente di avere un limite. Tutto bisogna sapere, nulla deve sfuggire al controllo del tecnico e se qualcosa sfugge, allora bisogna dire “impossibile, ciò non esiste”. E tra espistemologie ed ermeneutiche, ci sono poi quelli che corrono tra le braccia della “sapienza da web”, così forte e ruggente da rendere certi schiavi dello spirito contraddittorio. Ne vediamo tanti, e questi tuttologi, felici per gli insulti che ricevono dai tecnocrati, si lasciano dilaniare e poi corrono a rifugiarsi in stanze segrete, in cui si tengono riunioni per pochi credenti.
Oh l’Universo, che risate si fa di tutta questa sperimentazione, di questo lambiccarsi il cervello per comprendere ciò che volutamente se ne sta nascosto, mentre è solo un vizio conoscere ed essere felici con nozioni che svaniranno e con teorie che saranno seppellite. Rideranno altri specialisti di noi specialisti?