La città dei sensi. Giommaria Monti e il Pasolini del “disincanto romano”
Recensione di Martino Ciano
Una città ha un centro, una metropoli invece non ha punti di riferimento, perché cresce a dismisura. Quando Pasolini arrivò a Roma notò questo continuo scavar-fondamenta. Ebbe orrore per quel cemento nascente che inghiottiva la storia, che si faceva beffa del passato, che distruggeva ogni identità. Proprio lui che proveniva da quella campagna in cui la nuova Italia, post-fascista, simil-democratica, rinasceva in armonia con alcuni valori imprescindibili, restò deluso di fronte alla Roma dell’abusivismo edilizio, simbolo del passaggio dall’agricoltura al fascismo-consumistico, e della rivoluzione dei borgatari che ambivano ad entrare nella società dei consumi, valutandola come l’unica arma di riscatto.
Ed è in questo continuo guardare con occhi afflitti e rassegnati alla costante degradazione d’ogni simbolo, d’ogni significato, d’ogni resistenza storica, che Pasolini scriverà anni dopo quella richiesta di un processo per la classe politica, rea di aver sparso il peggiore dei fascismi, ossia quello della merce e dello spettacolo. E questa strategia, insieme a quella della tensione con le sue stragi e i suoi processi farlocchi, non era la volontà delle masse, ma dei capitalisti. Per Pasolini, i potenti democristiani, rapaci alla guida di una nazione commissariata dalla Cia, avevano attuato il passaggio da una società clerico-fascista a una basata sulla libertà del consumo.
Le ceneri di Gramsci, raccolta poetica di Pasolini del 1957, è una sorta di inno decadente, in cui la ricerca della storia, del passato, delle macerie gloriose, si fa vana perché attesta solo rovine sulle quali ne sorgono altre. Ed eccoli i palazzoni, quelli dell’edilizia popolare, già fatiscenti, privi di vitalismo, che consegnano all’oblio la memoria e non tengono conto del contesto urbanistico.
La ricerca di Pasolini è antropologica. Il suo girovagare tra i quartieri di Roma, in cui si affacciano diverse epoche storiche, gli servirà per tracciare un itinerario delle doglianze, in cui anche quel sottoproletariato che vive della sua lingua, dei suoi costumi, di una tradizione amara ma frizzante, capace di resistere all’annientamento del falso progresso, viene risucchiato senza alcuna possibilità di salvezza.
Giommaria Monti, giornalista e autore televisivo, racconta in questo saggio l’incontro tra l’intellettuale e Roma, città che sarà poi la sua principale fonte di ispirazione del suo lavoro da critico acuto di una società, quella italiana, di cui anticiperà l’evoluzione dei costumi.
*Pasolini: La città dei sensi di Giommaria Monti, a cura di Flora Fusarelli. Prefazione di Andrea Di Conosoli. Diadema edizioni