Io e Lui. Alberto Moravia e il rapporto particolare con il suo pene

Io e Lui. Alberto Moravia e il rapporto particolare con il suo pene

Recensione di Marco Ponzi. In copertina: “Io e Lui” di Alberto Moravia, Bompiani, edizione 1983. Seguici e iscriviti anche sul canale WhatsApp: https://whatsapp.com/channel/0029VaDWcN25EjxzoWoAJu05

“Io e lui”, pubblicato nel 1971, sembra quasi una seduta psicanalitica alla quale si partecipa senza essere il paziente. Scritto in prima persona, racconta del rapporto che il protagonista ha col suo sé più istintivo e spavaldo.

Ma in che senso?

In realtà, il protagonista vive un conflitto continuo con il suo pene, sì, il suo organo sessuale, che viene chiamato “lui”. “Lui”, in verità ha un nome: “Federicus Rex”, un nome che il suo possessore gli ha dato e che lo inorgoglisce; e inorgoglisce, pur senza ammetterlo troppo, il proprietario stesso.

Forte di questo, “lui” si impone sulle scelte di vita del protagonista, il quale vorrebbe, da sceneggiatore, fare il salto verso la regia di un film a cui tiene molto, un film impegnato e pieno di ideali, gli stessi ideali che il protagonista Federico esalta mentre cerca di combattere contro l’altro se stesso. Federico contrappone se stesso a se stesso attraverso la ripida via della sublimazione, ovvero uno stato di ideale affrancamento dalla natura umana più gretta.

Mentre cerca di raggiungere il suo obiettivo, deve quindi fare i conti con se stesso e soprattutto con “lui” che continua a istigarlo, provocarlo, metterlo in imbarazzo con la sua invadenza e anche bullizzarlo. “Lui” ha dimensioni esagerate e, oltre che un peso fisico, rappresenta anche un peso morale perché condiziona la vita di Federico, il suo possessore. “Lui” è sfacciato e subdolo, e riesce quasi sempre a spuntarla. La sua fisicità prevale su Federico e anche i pensieri di “lui” prevalgono nelle discussioni con Federico.

La metafora è più che mai attuale e si può dire che chi sostiene che le “scelte del mondo” siano condizionate dal sesso trova in questo libro una conferma.

Nell’epoca del politicamente corretto esasperato, ho notato con gusto quanto l’autore abbia rivelato, a suo tempo, delle piccole ovvietà che però oggi potrebbero risultare offensive e derivanti da un pregiudizio maschilista. Registro che certi pregiudizi maschilisti siano propri anche delle donne, ma… ops! Non si può dire, non siamo più ai tempi di Moravia.

Ma, del resto, questo libro è, per forza di cose, maschilista, visto l’argomento, e intuisco che lo sia volutamente. C’è uno sprezzo della morale camuffato da morale che potrebbe confondere il lettore per spingerlo a una ulteriore riflessione.

Come sempre, però, dato che il lettore italiano spesso apprezza di più i messaggi subliminali di quelli espliciti, Moravia ha adottato uno stratagemma comune a molti scrittori, ovvero usare l’ironia per trattare temi altrimenti vietati o passibili di censura o ammonimento. Questo è quindi un testo formalmente impegnato che travalica certi confini.

Devo dire la verità: ci sono delle scene che mi hanno fatto ridere. Ascoltare i dialoghi di due “teste di cazzo”, espressione che Moravia non usa ma evoca – senza cadere mai nella volgarità – è di per sé bizzarro ed esilarante e mi sono immedesimato in determinate situazioni che, a voler essere onesti, sono capitate a ogni uomo. Ogni uomo ha sicuramente avuto ghiotte occasioni di conquista e nelle proprie fantasie di seduttore non avrà disdegnato pensieri distorti, anche solo per riderci su. Ci sono descrizioni spregevoli nell’esposizione ma che sono così intime del maschio “a caccia” da essere perdonate, specie quando si dialoga tra maschi, senza distinzione di ceto o di istruzione. La dicotomia che mostra Moravia in questo libro è forte, a vari livelli.

Il tema di fondo però non è ridicolo. Il protagonista ambisce a degli ideali, a realizzare un sogno professionale di tipo artistico, ma la vita reale glielo impedisce, anche se fa di tutto per liberarsi dalla sua schiavitù sessuale, la sua essenza di erotomane involontario ma consapevole. Si parla di sublimazione e di de-sublimazione, ovvero la capacità o meno dell’uomo di elevarsi facendo a meno dell’istinto sessuale, quello più difficile da domare e che spesso condiziona le scelte, forse ancora prima dell’amore.

Il romanzo è tutto un litigio tra “lui” e l’altro, un litigio che poi porta a diversi tipi di fallimenti anche nelle relazioni tra Federico e le persone che deve convincere per ottenere la regia di un film.

Ci riuscirà? Del resto, come si fa a frenare un erotomane che ha a disposizione una tale “fortuna”? Questo libro è stato una goduria sotto tutti i punti di vista e, detto prosaicamente, non potrebbe che essere così, vista la premessa.

Lo consiglio a chi sia alla ricerca di una letteratura non mediata da esigenze di mercato e inorridisca quando sente parlare di cambiare parole o frasi di testi entrati nella storia solo perché oggi è necessario dimostrare di essere politicamente corretti, anche se, nei fatti, non lo si è.

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