Il fuoco che ti porti dentro. Franchini e la storia di una donna

Il fuoco che ti porti dentro. Franchini e la storia di una donna

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Il fuoco che ti porti dentro” di Antonio Franchini, Marsilio, 2024

Esiste tenerezza in Angela o la volontà di Antonio è solo stata quella di mettere in mostra il lato peggiore di sua madre? Mi sono chiesto questo alla fine della lettura del romanzo, anche se definirlo tale è riduttivo. Poi, dopo qualche giorno, ripensandoci, elaborando alcuni passi, sono giunto alla conclusione che l’intenzione dello scrittore è stata solo quella di descrivere “una persona”, quindi di “fare letteratura”.

“Il fuoco che ti porti dentro” è il racconto della vita e della morte di una donna che non voleva essere “paragonata a nessuno”, “che voleva dire sempre la sua”, “che provava rabbia verso ogni abitante della terra”, che forse era in cerca di qualcosa di più di ciò che la vita può offrire, sebbene lei appaia gretta e presuntuosa.

Antonio Franchini racconta della cosa più intima e ammantata di tabù che possa esserci, ossia il rapporto tra madre e figlio. Da una parte c’è l’immagine sacra e inviolabile della mamma, dall’altra la realtà. Angela, detta La Talpa, è una donna che giudica tutto e tutti, che nella volgarità di certe sue espressioni crea nuove categorie attraverso cui ordinare il mondo.

C’è Napoli, città di origine di Franchini, in cui abiterà fino a quando non si trasferirà a Milano per uscire dalle grinfie della madre. C’è anche la napoletanità, quella teatrale che non ha vergogna di esasperare i propri difetti, tanto da renderli un marchio di riconoscimento. Proprio questo raccontare senza veli, rende l’opera autentica, originale non per la trama, ma per la sua voce; infatti, ci sembrerà di vedere Angela, di sentire le sue sguaiatezze, di riconoscere certi tratti che non guidano solo la “società napoletana”, ma quella “meridionale”.

Proprio nella parte in cui Franchini si lancia in alcune riflessioni personali, egli ammette che caratteri così forti, predominanti, hanno poi creato uomini più adatti alla vita che, nonostante tutto, pone davanti a ciascuno ostacoli che si superano solo grazie a un forte istinto di sopravvivenza. Pertanto, i genitori di oggi, apparentemente più dialoganti e comprensivi, quale educazione stanno dando ai figli? Davvero le nuove generazioni posso farsi capire più facilmente, o sentono quella mancanza di autorità che va sfidata, abbattuta, contrastata? 

Infatti, Franchini ribadisce che questo libro non è una resa dei conti con sua madre, anche perché sarebbe da vigliacchi combattere contro i morti, ma una descrizione senza veli del loro rapporto. Tant’è che lo stesso scrittore è convinto che se Angela avesse potuto leggere questo romanzo, non avrebbe cambiato nulla, anzi si sarebbe complimentata con il figlio per la sua onestà.

Un aspetto che l’autore ci confida è il seguente: sebbene certi comportamenti tipici della società meridionale siano incarnazione dei rapporti familiari, come quello qui descritto, fare paragoni è stupido e fuorviante, in quanto ognuno vive come può, trovando i propri escamotage. Insomma, una concezione che ribalta la morale e l’etica, in nome di una trasvalutazione dei valori che non è astratta, ma reale, vivente, come Angela dimostra.

Ne deriva quindi, che la figura materna domina nel bene e nel male la costruzione mentale e caratteriale di un foglio, a dispetto anche di un patriarcato che è solo di facciata, perché nasconde qualcosa di oscuro e pesante che ci portiamo dentro dal concepimento.

Non so se Franchini volesse arrivare a queste conclusioni, di sicuro ciò di cui ci parla è un “sentore” che ognuno di noi avverte, ma che non sa mettere nero su bianco con tanta franchezza e coraggio. Altro aspetto che caratterizza “Il fuoco che ti porti dentro”, il fatto che Antonio non esprima giudizi, ma sospenda tutto nel nome di una rappresentazione limpida, non edulcorata. 

Tutti siamo il risultato dei nostri trascorsi, dei nostri traumi, delle nostre lotte, dei nostri dolori, di ciò che non riusciamo a comprendere o a ricomporre. Per questo motivo, ogni giudizio sulla persona risulta banale. La sua unicità è essere.

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