Emanuela Sica e il suo Memorie di una Janara

Recensione di Marco Masciovecchio. In copertina una foto di Emanuela Sica, autrice di Memorie di una Janara
Viviamo in tempi bui, solo apparentemente “moderni” in cui ancora oggi la donna è relegata ad un livello di secondo piano rispetto all’uomo. E sì, perché dopo anni di battaglie sociali, di aperture, spiragli, sembriamo inevitabilmente ricadere in un oscurantismo senza uguali. Certo molte donne, oggi, occupano posti di potere, ma nella maggior parte dei casi “scimmiottano” gli atteggiamenti maschili, va da sé che invece di un arricchimento le nostre società ipermoderne, ipertecnologiche si stanno man mano impoverendo.
A fine 2024 è uscito, per la Delta3Edizioni: Memorie di una Janara di Emanuela Sica, un “omaggio” alle donne custodi di segreti e tessitrici di destini, un testo “unico” nel suo genere tra romanzo, poesia e fonti storiche. Un testo che mette in luce la figura della donna, nel periodo storico più nero della loro storia. Quelle donne che poiché lungimiranti, indipendenti, essendo il collegamento tra sacro e terreno sono state da sempre dipinte come le spose o le figlie del Demonio.
Indipendenza pagata a prezzo carissimo, con il rogo. Perché quando l’inspiegabile, il mistero, il diverso diviene più “forte” dello spiegabile, l’uomo non trova più le parole e passa a gesti disperati, i più disperati (purtroppo, ieri come oggi, nulla è mutato… muta solo la forma, la sostanza è la medesima). In Memorie di una Janara, Emanuela Sica ci ricorda che queste donne (tutte le donne non solo le Janare – termine campano per chiamare le streghe -), appartengono solo a loro stesse, rifiutano di appartenere a un uomo o a un ordine prestabilito; e proprio questa sorta di libertà è quella che le relega a nascondersi a diventare preda e ossessione da parte dell’uomo.
In un racconto che alterna e fonde prosa e poesia, inizia con il ritrovamento, in contrada Li Pacci (Guardia Lombardi), d’un misterioso manoscritto da parte del piccolo Michele all’interno d’una casa abbandonata. Qui inizia la storia, il manoscritto ritrovato è il diario di una strega dal titolo: “Memorie di una Janara”. L’autrice ci accompagna, attraverso Michele e Ginevra (la sorella maggiore di Michele) alla scoperta di questo mondo misterioso attraverso la lettura del manoscritto.
Un manoscritto che custodisce anche ricette antiche, infusi e pozioni, simbolo del patrimonio di conoscenze di cui le Janare erano detentrici; si passa dal filtro dell’amore bramoso all’incantamento per sogni profetici, dall’antidoto contro i veleni all’infuori di verità, etc. etc. Ci sono poi gli antichi racconti in dialetto irpino che raccontano, oltre che delle janare, anche di donne vittime della violenza dei mariti o della cultura patriarcale.
Un memoriale in tutto e per tutto questo Memorie di una Janara di Emanuela Sica, complesso come complesso è l’universo femminile. E poi c’è tanta, tantissima poesia:
E tu, che mi respiri nel cuore
allunga questo presente al domani
ricama ancora filigrane di brina
albe a schiudersi negli occhi
accendi costellazioni sul mio cammino
parlami con la voce fondente della notte
ma vegliami sempre dal sonno
col richiamo della rondine
che torna al suo nido.
Tienimi radice
attaccata alla terra.
Lucidi fili di parole
si rincorrono nel vento
a tirare memoria nei capelli
Barlumi di fuochi fatui nel petto.
bevimi veloce
come se fossi l’ultima luna
a scendere nella gola
dal monte dei miei anni.
Reliquia dissacrante l’assenza
in questa torba di pensiero.
Inutili i miei canti
a questo Dio
sordo.
A noi tutti resta una domanda: ieri come oggi chi ha paura delle streghe?
Emanuela Sica è nata ad Avellino nel 1975 e vive a Guardia Lombardi in Irpinia. È un avvocato cassazionista, giornalista pubblicista, attivista per i diritti delle donne contro la violenza di genere. Ha pubblicato molte raccolte di poesia.