Enrico Baj e la Patafisica

Enrico Baj e la Patafisica

Recensione di Marco Ponzi. In copertina: “La Patafisica” di Enrico Baj, Abscondita, 2024

Nel mese di gennaio 2025 ho visitato la mostra “Baj Baj chez Baj”, una retrospettiva su Enrico Baj, celebre pittore lombardo scomparso nel 2003 e, in quell’occasione, acquistai il libro “La Patafisica” per approfondire il lavoro di questo artista famoso per le opere a collage con nappe, bottoni, passamanerie, tubi ecc.

La Patafisica è una pseudoscienza, così viene definita ufficialmente: la scienza delle soluzioni immaginarie, inventata a fine ottocento da Alfred Jarry (quello di Ubu Re) e, per come viene descritta dallo stesso Baj e per come la percepisco io, è piena di contraddizioni.

Sarà per l’esposizione un po’ contorta, per il linguaggio non sempre chiaro o anche per il fatto stesso che noi siamo abituati ad avere risposte concrete e verifiche delle affermazioni scientifiche o delle teorie, ma io ho concluso che questa scienza surreale che si basa su eccezioni e assurdità faccia anche il gioco di un artista che debba giustificare se stesso. È un pensiero malizioso che però l’autore non nasconde alla mente del lettore. Al contrario, sembrerebbe che lui voglia sfidare il lettore, il suo intelletto, la sua apertura mentale.

Credo altresì che Baj si prenda molto sul serio ma, patafisicamente, credo anche il contrario e forse questo apparire serio parlando di cose che non lo sono potrebbe far parte del mestiere dell’artista che provoca o instilla la scintilla di un dubbio o riflessione che sia. Certamente, l’uomo della strada che si trovasse a leggere un testo simile potrebbe pensare “ma questo non aveva altro di cui occuparsi?”

La lettura di questo libro non richiede particolare impegno ma serve un po’ di attenzione perché vengono citati autori, intellettuali e artisti che Enrico Baj ha frequentato e che, ognuno a suo modo, ha contribuito alla diffusione della Patafisica.

Ci sono delle frasi che potrebbero apparire deliranti e, tra queste, si trovano anche delle affermazioni molto forti che un morto si può permettere dato che non corre alcun rischio di essere querelato. E, in questi casi, si afferma anche la libertà espressiva di un autore che si dichiarava “contro” il sistema, cosa quanto mai apprezzabile, a mio modesto giudizio.

Ci sono delle considerazioni di carattere socio-politico che condivido e che un artista in quanto tale è tenuto a sollecitare. La funzione dell’arte, secondo me, è anche trovare la via per parlare di attualità in modo originale, sbeffeggiare il potere e indicare un mezzo per una riflessione. E alcuni passaggi denotano un certo coraggio, una sfacciata noncuranza del rischio di essere portato in tribunale. Del resto, se non ci fosse il potere, forse verrebbe anche a mancare tutta quell’arte che non faccia parte della decorazione.

Enrico Baj, con le sue opere, non solo scritte, ha saputo affrontare il potere benché il tono ironico, a mio giudizio, non sia stato sempre incisivo quanto avrebbe potuto.

Enrico Baj e La Patafisica, frammenti

Un altro aspetto positivo che ho notato è il fatto che la Patafisica non sia descritta dall’autore come una pseudoscienza ma come qualcosa capace di mettere in dubbio la scienza ufficiale. Se pensiamo che questo libro sia stato scritto decenni fa, viene da sorridere.

Dato che in questi ultimi anni la scienza è stata idealizzata e resa un dogma col favore delle masse, mi fa piacere constatare che, già da un pezzo, qualcuno aveva dei dubbi in merito. Più che altro, dal mio punto di vista, non è che si dubiti della scienza in sé, ma di come venga comunicata/tradotta/diffusa dopo diverse manipolazioni utili a produrre fatturato.

E da ciò deriva anche la sfiducia in essa, (purtroppo) totale o parziale, per chi fosse dotato di un minimo di lucidità nei riguardi di ciò che viene diffuso come incontrovertibile e degno di fede. Di norma, sono proprio gli scienziati i primi a dubitare. E qui mi sentirei di interpellare Popper che aveva trattato l’argomento senza timore di venir tacciato di complottismo.

Ma, tornando alla Patafisica, è come se Baj, dalla sua posizione di artista, confessasse che l’arte contemporanea sia una colossale presa in giro proprio perché mette in dubbio anche le consuetudini dell’artista e del pubblico. Si potrebbe dire che questo testo sia il manifesto del “vale tutto”, del “meglio non fidarsi”, del “verifica coi tuoi occhi” e, da questo punto di vista, l’artista è stato un precursore di quello spirito critico che oggi è scomparso.

Non che egli faccia ammenda o si scusi, anche perché non lo riterrei direttamente responsabile del declino dell’arte contemporanea (anche se uno dei responsabili è ritenuto Duchamp, che lui conobbe e di cui parla nel libro), ma fa una constatazione sull’attualità, inevitabile, essendo un artista vero e pertanto obbligato all’onestà intellettuale.

Non tutti gli artisti, soprattutto quelli contemporanei (e mi verrebbe da dire quasi nessuno) sono onesti intellettualmente, quindi fa piacere che ci sia stato qualcuno che abbia avuto il coraggio di dire le cose come stanno, anche se con un linguaggio a volte criptico. Consiglio questo libro a chi abbia bisogno di trovare il modo per porsi domande. E magari per scovare anche le risposte.

 

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